24 gennaio 2014

Tre storie cinesi

Quando i barbari a cavallo invasero il grande Nord, e poi coprirono il piatto Ovest come la sabbia del deserto ricopre, portata dal vento, le rosse città di confine, l'imperatore pensò a lungo. Poi spedì contro di loro il generale più saggio di cui disponesse, e questi batté i barbari e li ricacciò nelle profondità del deserto; senza inseguirli, ché ne sarebbe stato risucchiato e distrutto, e non è lecito distruggere ciò che appartiene all'imperatore. Il generale mostrò così la propria saggezza.
Quando questi tornò a corte, l'Imperatore gli offrì la propria gratitudine, che chiamò infinita; ugualmente infinita, di conseguenza, era la ricompensa che sarebbe spettata al vincitore.
Il generale recava con sé dall'Ovest una scacchiera, sola compagnia delle sue lunghe notti negli accampamenti; la pose davanti a sé, e davanti all'imperatore, e trasse da una tasca un chicco di riso, che accomodò con cura nella prima casella. Di fianco a quella, nella seconda, aggiunse altri due chicchi di riso, e poi quattro e poi otto. Non appena i chicchi divennero sedici, una singola casella faticò a contenerli; allora il generale alzò lo sguardo verso l'imperatore e parlò: "Se il mio esercito fosse composto di infiniti soldati, non saprei come disporli in campo, né comandarli, e non potrei affrontare nessun nemico; simile alle mie schiere, dunque, sarà anche la ricompensa che chiedo, perché io riesca a goderne e non vi perda invece la testa". Detto questo, il generale continuò a posare il riso sulla scacchiera, in linee dritte e precise, facendo di ogni casella un campo recintato.
L'imperatore fece raccogliere quei chicchi, li diede ai suoi funzionari perché li contassero, e ordinò che ognuno di quegli acini fosse mutato in oro e assegnato al generale. Terminata la conta e consegnato l'oro, il riso fu riportato all'imperatore. Questi, la sera a cena, chiese una semplice zuppa.

***

Un piccolo fiume color paglia scorreva accanto a un villaggio, veloce; nel fiume c'erano trote, e un vecchio ogni mattina sedeva sull'argine, a duecento passi da casa, e pescava quelle trote.
Dalla sponda opposta del fiume, ogni mattina, arrivava una vergine esile ad attingere acqua. Sorrideva al vecchio, e il vecchio le rispondeva. Piaceva a quest'ultimo osservare la giovinezza e la purezza della ragazza, nei suoi gesti puliti e nel suo sorriso aperto e innocente, da bambina.
La vergine veniva da un altro villaggio e il vecchio non la conobbe mai. Non seppe che andò sposa a un contadino anziano, non conobbe le liti con i parenti di lui e i colpi della cinghia sul corpo di lei, quando questo si rivelò sterile.
Ma se il vecchio avesse saputo tutto questo, avrebbe mutato il proprio giudizio sulla vergine? E sarebbe cambiato il sorriso di lei? In verità, non lo sappiamo.

***

Nella città di Harbin, un uomo fu condannato a morte per l'assassinio di una donna. L'accusato sostenne in giudizio di essere innocente, né cambiò la propria versione e le proprie urla durante le torture di rito; ma il cadavere della donna esisteva ed era stato visto da tutta la città, e tutta la città aveva sofferto per quel crimine. Perciò i giudici non ebbero scelta e decretarono che fosse messo a morte.
La notte prima dell'esecuzione, bussò alla cella del condannato un vecchio monaco. Sebbene fosse il secondino, ovviamente, a dover aprire la porta, pure il monaco bussò; e questo piacque all'assassino.
Il monaco sedette sulla terra della prigione e disse al condannato che, tutto sommato, avrebbe fatto meglio a dichiararsi colpevole. Non gli chiese dell'omicidio e non ascoltò le sue spiegazioni; affermò solo, lentamente e pronunciando piano certe parole, che qualsiasi pena, a ben vedere, si attaglia assai meglio a un reo che a un innocente. E quando la pena è la morte, continuò il vecchio, meglio morire con serenità, sapendo di pagare il fio dei propri errori, piuttosto che andarsene urlando e reclamando una giustizia che non si farà più in tempo a vedere. Ogni uomo che viva in mezzo ad altri uomini, d'altronde, esiste in quanto gli altri vedono e valutano le sue azioni; e capita tutti i giorni che questi fraintendano un gesto o una parola, o attribuiscano a qualcuno nel bene e nel male gesti mai compiuti. La più grande disponibilità verso l'umanità è allora dar loro ciò che si aspettano e ciò che credono.
La mattina dopo, sul carro che lo portava al patibolo, il condannato ammise le proprie colpe. La folla assiepata per le strade, che fino ad allora aveva rumoreggiato e aveva lanciato uova e sassi, si fermò d'incanto. E chi aveva odiato l'innocente che negava le proprie colpe smise di odiare il colpevole che pagava in prima persona; parve a tutti che il cadavere della donna, che tutti avevano visto e sentito come una ferita personale, avesse ora un corrispondente che gli garantiva la pace.
Quella fu, nella città di Harbin, una giornata felice.

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