14 dicembre 2012

Lettera aperta al sindaco di Forlì

Forlì, 14 dicembre 2012

Caro, caro Sindaco,
    come sta? Io - se se lo domanda -, io abbastanza bene, anche se ho tante cose che mi frullano in testa. E, lei lo sa, quando le cose frullano c'è caso che non quaglino. Mi scusi per il tono informale, anche un po' dimesso e familiare, se si vuole: ma la sento come un vicino di casa, un amico, uno a cui, appunto, rivolgere parole sincere.
Le piace il rap, caro Sindaco? A me, devo dire, piace tutt'ora; come da un vecchio innamoramento mai consumato, Lei ha letto e studiato e lo sa meglio di me, non se ne esce; anche se gli anni passano per tutti, e quelle che erano le nostre passioni diventano fissazioni, e noi sempre più bianchi e grigi (a volte penso che ogni quattro o cinque anni bisognerebbe fucilare gente a caso, per mantenere un certo agonismo fra la popolazione: ma chi firmerebbe tale provvedimento? Chi potrebbe togliere alle spose dagli occhi castani i loro amanti e mariti? Chi mai farle soffrire?)...
Non è di questo, tuttavia, che voglio parlarle. Le dirò invece che oggi ero in giro in centro, nella nostra amata città, e osservavo, scrutavo, prendevo nota; qualcosa, vede, ho studiato anche io, qualcosa so fare. E più mi guardavo in giro, più mi convincevo che ci fosse un che di profondamente e nascostamente sbagliato. Vede, caro sindaco, a Forlì siamo centodiciottomila e novecentosessantotto, stando agli ultimi dati; ma lei va per mercatini come me, gira per le strade come me, avrà notato che qualcosa non torna. Io, caro sindaco, sono sempre più persuaso che siano stati sottratti con l'inganno e portati da qualche altra parte un certo numero di forlivesi; mi sono anche permesso di indagare un po' sui comuni confinanti (ché più in là di un certo spazio non avrebbero potuto trascinarli, o qualcuno avrebbe notato il triste lamento dei forlivesi in catene, privi d'amore, di patria e di piada erta), e a mio parere la colpa è di quelli di Predappio, ancora suggestionati dal mito effimero della potenza demografica. Lei sa, hanno avuto pessimi maestri... Ma lei, in ogni caso, lei vada, giri per la provincia, cerchi di capire dove sono e che fine hanno fatto i nostri cittadini; non sia, magari, troppo poliziesco, ché i romagnoli sono permalosi e in generale non amano gli sbirri. Ma li troverà, comunque: non possono essere lontani.
E quando li avrà individuati e riscattati li riporteremo indietro: e il loro rientro in città sarà una festa, come quella volta che catturammo il carroccio dei bolognesi a San Procolo... Ma lei ha studiato, lei sa.
Allora, con la città di nuovo piena di forlivesi, avremo folla anche ai mercatini natalizi; e se dovessi aver voglia di comperare del croccante, la sera del 14 dicembre a una bancarella in piazza, non dovrei più sentirmi come se avessi ancora tredici anni, come se l'estate stesse finendo, come se un banco verde mi aspettasse di nuovo in un'aula di scuola.
Siamo cresciuti, è vero, caro sindaco: siamo cresciuti, ma nonostante questo abbiamo ancora bisogno di forlivesi intorno, di forlivesi che ci rendano sopportabile la solitudine e che ci facciano credere che qualcuno, in ogni momento, ci vuol bene senza condizioni.
Buone feste, caro Sindaco.
In fede,

Forlivese '80

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