09 maggio 2012

Fine di una giovinezza

Si erano conosciuti un pomeriggio d'inverno, quando ormai la sera era scesa sui marmi bianchi della loro università: le loro strade erano già diverse e divergenti, nel momento del loro primo incontro, e non ebbero mai occasione di frequentarsi davvero, né venne in mente a nessuno dei due di sacrificare la libertà e la futilità della propria giovinezza a quel sentimento indistinto che li legava. Continuarono perciò a vivere distanti di corpo e di cuore, e non diedero mai una scadenza, né fissarono degli impegni che non avrebbero avvertito come legittimi.
Tuttavia non si persero mai di vista; e per anni si rincorsero con il corpo e con il cuore. Quando lei si invaghiva di lui e dei suoi gesti gentili, lui aveva altro da fare e non poteva in alcun modo corrisponderla; quando era lui a dichiararsi, lei lo respingeva: ma lo faceva in una maniera particolare, come se dicesse "Ora non è proprio possibile, amico mio; ma siamo giovani, abbiamo tempo per ogni cosa e ogni cosa verrà".
La ragazza era alta e magra, ma le sue cosce erano toniche e muscolose (probabilmente per aver praticato un qualche sport, da ragazzina, nella sua cittadina in mezzo alle montagne; lui questo non lo sapeva, non ne avevano mai parlato); aveva capelli straordinariamente lisci, pelle chiara e delicata e un viso dolce, con occhi verdi profondi e buoni. Quel viso dava un'impressione falsa, giacché l'animo di lei era duro e orgoglioso, e poco incline al perdono.
Il ragazzo possedeva invece tratti morbidi. Da vicino lo si giudicava senz'altro di bell'aspetto, ma dopo poco non restava nulla di lui, come se il suo volto fosse troppo molle per risultare anche durevole. In compenso, era buono e paziente.
Passarono degli anni, e la vita, pur senza piegarli, li sottomise a prove dure e inaspettate, che valsero a distrarli per un po' dal pensarsi a vicenda. Infine - era trascorso molto tempo dall'ultima volta - si incontrarono di nuovo. Stavolta l'inverno era ancora all'inizio: il mondo era tutto bianco, illuminato da quel cielo lattiginoso che è normale nei primi giorni di dicembre. I pini marittimi alzavano le loro cupole folte, ma non riuscivano comunque a bucare la nuvolaglia e a far evadere il sole, perfettamente nascosto e invisibile dietro quello strato gommoso e opprimente.
Il loro rendez-vous fu, come sempre, piacevole: conversarono a lungo, con serietà e ironia, e i loro sguardi dissero di nuovo che la loro attrazione mai consumata ardeva ancora, come una brace solo ricoperta, che è ancora in grado di scaldare la stanza tutt'intorno al camino. Ma quella volta la loro indeterminatezza e la loro incapacità di decidere non suonarono come il consueto rinvio di una faccenda grande e importante che, in ogni caso, sarebbe stata esaminata in seguito: quella volta compresero entrambi immediatamente, anche se nessuno dei due lo ammise a voce alta, né allora né in seguito, che i loro saluti erano definitivi.
Il ragazzo vide allora con chiarezza di essere giunto al termine della propria giovinezza: nel momento in cui l'abbracciò per l'ultima volta divenne un uomo. Ma non perché rinunciare a lei significasse rinunciare all'amore che aveva segnato buona parte della sua gioventù - lei non era mai stata nulla per lui, benché, in potenza, sarebbe potuta essere tutto -, bensì perché, per la prima volta, era il tempo a venir meno. Egli seppe di essere un uomo quando si sgretolò quella condizione che era sua da sempre, perché è quella propria dell'infanzia e della giovinezza, ossia la sensazione vaga ma sicura che il tempo sia infinito e che basti a tutto. A riunire le loro solitudini, invece, non sarebbe più bastato; e quella, gli balenò subito alla mente, era soltanto la prima di molte rinunce.
In seguito l'uomo raccontò per la prima e unica volta quella storia strana, priva di fatti e piena di aspettative mai precisate: lo fece d'estate, in montagna, una notte priva di altre luci a parte quella, abbagliante, della Via Lattea. Era sdraiato su un prato accanto a qualche amico, appena fuori dal recinto pallido e pietroso di un borgo murato. Al margine del prato iniziava il bosco, popolato da cinghiali e da altre bestie; in quella notte perfettamente silenziosa gli animali sentivano ogni bisbiglìo proveniente dal gruppo degli uomini, e gli uomini avvertivano ogni fruscìo del bosco. Gli uni e gli altri, allora, fremevano, preoccupati a vicenda di una minaccia che non sapevano identificare, perché era al di fuori dei propri confini e si perdeva nella notte.
Quando ebbe finito di raccontare, e senza che dal bosco giungessero ululati o scalpiccìi, l'uomo guardò la Via Lattea ed ebbe un brivido: e non capì mai se fosse per il numero infinito di stelle che lo inchiodava alla propria meschina essenza e al terrore, che aveva sempre provato, di quell'eternità, o piuttosto perché in cielo campeggiava lo stesso chiarore lantigginoso dell'ultima volta che aveva visto lei.

categorie:

visite dal 24 ottobre 2006