21 giugno 2010

Memento froci

Mi sono accorto oggi di avere nella rubrica del telefonino un numero che non ho mai chiamato, che probabilmente non chiamerò mai ma che non ho nessuna intenzione di cancellare.
Facciamo un passettino indietro. Doveva essere il 2004, o forse la fine del 2003: avevo da poco scoperto, con colpevole ritardo, le gioie del sesso universitario, quando il tuo corpo magro e puntuto di studente sottoalimentato lascia segni blu sull'interno coscia delle donne che ti si concedono e tutto pare di un leggero e di un facile che non ritroverai mai più. Frequentavo il corso di una lingua straniera, all'epoca, e c'era questa ragazza calabrese - strana, stranissima: mai, d'altronde, mi è capitato di invaghirmi di una bellezza granché classica - che mi piaceva molto. Non potevo flirtare molto con lei, sia perché non ero bravo come ora (in questi casi, "bravo", significa "esperto", ed esperto significa vecchio), sia perché lei aveva il ragazzo, una specie di coso brutto e sgraziato, vagamente somigliante ad un barbapapà; non potevo neanche chiederle il numero di telefono con qualche stratagemma, un po' perché queste cazzate non le faccio e non le ho mai fatte, un po' perché non sono cose che si chiedono ad una ragazza impegnata.
Solo che un giorno mi arriva un compagno di corso, un bravissimo ragazzo sanamente ciociaro e sanamente fascio, e mi consegna un numero di telefono, il suo numero di telefono (suo di lei). Non so o non ricordo come l'avesse avuto, probabilmente buttando un occhio dove forse non gli era lecito; ricordo però che ne fui un po' stupito e molto contento, non tanto per il numero in sé quanto perché è bello che qualcuno ci tenga a te tanto da regalarti un piacere che non hai neanche richiesto.
Ovviamente la cosa giusta da fare, per amicizia e per eterosessualità, a quel punto era chiamarla e basta; e invece io non la chiamai, e neanche tentai un qualche altro approccio più provinciale e ruspante con la scusa della lingua straniera. Guardai quel numero per un po' come una possibilità, poi passò ad essere un rimpianto, infine stette lì e basta; ma comunque rimase, come prova della mia finocchiaggine e come monito di quel che succede quando ci si scorda della fica e dell'amicizia virile. Perché la timidezza è una cosa troppo pigra e facile, e quando sei giovane e avresti mille motivi per scopare è anche un peccato mortale.
Ormai che non sono più tanto giovane, forse la fase del peccato l'ho superata; ma resta la necessità di muoversi e di mettersi in gioco, nell'eterosessualità e in tutta una serie di altri campi, senza la paura superficiale di far brutta figura o quella profonda che le cose vadano bene e mutino in responsabilità. Io il numero me lo tengo, in definitiva; magari, chissà, non l'ha neanche cambiato.

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