07 giugno 2010

El zogno de la medibatte (il sogno della mietitrebbia)

Giugno è il mese più tremendo. D'inverno resto sola in certi grandi capannoni grigi, e anche se lì dentro non c'è niente di bello, almeno posso dormire e sognare quel che piace a me: e nei miei sogni non ho le ganasce di ferro e i denti lucenti che triturano ogni cosa, né vivo nel terrore che in mezzo al grano che risucchio e macino ci siano piccoli animali addormentati e sognanti, e magari loro che sono piccoli e soffici sognano di essere immensi e corazzati d'acciaio come me. Chissà.
Nei miei sogni, ad ogni modo, nei miei sogni invernali dentro a capannoni grigi, in mezzo alla pioggia che batte sulle lamiere ondulate, sogno di avere zampine bianche e grigie, senza unghie, zampine che non possono fare alcun male; e piedini piccoli e silenziosi, come quelli dei ricci, al posto delle mie ruote larghe e rumorose, del cui frastuono mi vergogno a morte. Mi piacerebbe, poi, girare per i campi che voglio girare io, e non essere sempre e soltanto guidata in mezzo al grano maturo e polveroso, che brucia gli occhi e fa starnutire; mi piacerebbe essere leggera e sedermi in mezzo all'erba senza rovinarla, annusare i fiori, fissare le api e ascoltare il russare leggero dei porcospini nei prati, avvicinarmi a loro e guardarli dormire, senza timore di svegliarli o di romperli, perché i miei passi sono felpati e le mie zampe, non più d'acciaio, non tagliano più. Nei miei sogni sono libera da tutto, libera dalla mia pesantezza, libera dai miei terrori, libera dagli inverni solitari trascorsi nella lamiera.
Poi arriva giugno, e su strade strette di campagna mi avvio rumorosamente al mio dovere, con le mie tenaglie d'acciaio, con le mie tonnellate che romperanno e macineranno ogni cosa. Giugno è l'ultimo mese verde, l'ultimo mese del fresco e della primavera, l'ultimo in cui l'estate e la bellezza siano ancora una promessa, e non una realtà che sfiorisce e muore; ma per me giugno è una condanna, per me giugno è la fine di ogni sogno.

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