29 ottobre 2009

Sempre per vostra informazione

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Per il resto statemi bene e comperate il mio libro, m'arcomando.

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26 ottobre 2009

Cos'è una tigre

Iniziava appena a fioccare, oltre i vetri spessi, quando lo psichiatra svizzero Kubilay Kühlerfleck dichiarò di aver compreso cos'è una tigre. A quelle parole, tutti i presenti si fecero zitti e attenti, stringendosi al grande tavolo di legno scuro; al di fuori delle strette finestre, la neve continuava a cadere.
La tigre, disse Kühlerfleck, non esiste se non nella mente umana, delle cui paure è la summa e la personificazione o, per meglio dire, tigrificazione; essa vive nelle intricate foreste fatte di alberi mai scalati e di fronde che nessuno ha l'animo di scostare, perché - chi lo sa - potrebbero nascondere mostri; foreste, queste ultime, che germogliano dai dubbi, dalle idee astruse, dai timori dell'uomo, e che crescono fino a diventare giungle inaffrontabili, in cui nessun machete penetra, nessun esploratore osa addentrarsi. La tigre si muove agile e leggera sulle sabbie mobili dei ricordi e degli errori, che invece inghiottono l'essere umano, e più quest'ultimo si agita e vuole rimediare ai propri antichi sbagli, più ne è risucchiato; e ha gli occhi gialli, quella belva simbolica, occhi gialli e luminosi che vedono più a fondo di qualsiasi moderno macchinario, occhi che si ha terrore di fissare, perché sono gli occhi del rimorso e della verità negata. Le strisce, poi, sono attimi neri di inquietudine e di orrore che passano in un momento e per un attimo paralizzano la persona, intenta a tutt'altre occupazioni e atterrita da un pensiero rapido e scuro che si materializza inatteso. La tigre, infine, salta e nuota e si muove circospetta - invisibile - e può giungere dovunque, e in ogni luogo su ogni collo piantare i suoi denti possenti le sue unghiate tremende. Non si può sfuggire alla propria anima, alle proprie colpe, ai propri meriti mancati, a se stessi.
Quando Kühlerfleck giunse al termine della propria dissertazione, l'uditorio rimase in silenzio; e anche fuori la natura era ferma, perché aveva smesso di nevicare e tutto era bianco ed eterno. E veramente non c'erano tigri, di fuori, perché gli uomini riuniti nella casa di montagna erano tutte persone di polso e di cuore, e non temevano i giudizi mai espressi del proprio animo, e sapevano guardarsi dentro senza tremare. Così, tutto era calmo e privo di tigri, che in tutto quel candore non avrebbero potuto mimetizzarsi.
Kubilay Kühlerfleck morì qualche mese dopo, da qualche parte tra le terre mutevoli e le giungle acquatiche del Bangladesh, dove si era recato per affrontare una volta per tutte, armato di matita e taccuino, le paure e i terrori che mordono gli uomini alla gola.

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19 ottobre 2009

Oh, ma il nuovo post del gattusometro?

Arriva. Intanto ho scritto una roba su cabaret bisanzio.
Ma arriva sul serio, eh.

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