07 aprile 2008

Onnò! Un altro dannatissimo fantasy!

Potrei dire che riappaio solo ora perché, semplicemente, ho trascorso due settimane in un luogo privo di connessione alla rete; ma siccome in fondo mi risultate simpatici, vi narrerò quel che davvero mi è successo.
Ero lì, intento alle consuete pulizie di primavera (nello specifico mi ero infilato entrambe le dita indici nel naso, e attendevo ulteriori ispirazioni divine), quando mi è sembrato di veder balenare, nella fessura in fondo al vecchio armadio smaltato dei miei avi, una lampo di luce azzurra. Levate dalle froge le mie lunghe e eleganti falangi, le ho adoprate per aprire le ante, incuriosito: e mi sono trovato dinanzi un nitore abbagliante proveniente, contro ogni logica, dal fondo di buon legno del mobile stesso. Mi sono dunque fatto avanti per toccarlo e chiarire il mistero, mentre con l'altro braccio mi proteggevo gli occhi dalla luce: ma invece di trovare il fondo, vi sono caduto dentro, con quella sensazione inverosimile che si prova nei sogni quando si cade a capofitto nel vuoto, pur essendo in tutta evidenza sdraiati sul proprio materasso di casa.
La caduta è stata breve e priva di conseguenze, quasi una semplice capriola al di là del muro; mi sono trovato sdraiato su della morbida erba di un verde lucentissimo, con indosso un paltò anch'esso verde (recante sul bavero una spilla dell'esercito popolare jugoslavo) che avevo guadagnato nel passaggio per l'armadio. Ma la cosa più sorprendente di tutte, più ancora degli alamari di corno che serravano il paltò, erano le creature che zampettavano sul prato a poca distanza da me: munite di zoccoli e muso caprino, esse nondimeno procedevano erette nei loro grandi balzi, e soprattutto presentavano braccia e mani umane, nelle quali stringevano mestoli, cucchiai di legno, ramajoli e forchettoni; inoltre, il petto di queste strambe creature era fasciato da grembiuli e parnanze, mentre il capo degli esemplari più grandi e dominanti era sormontato da bianchi cappelli da chef.
-Sono le Capre Gastronome della Valle di Fersgrava, disse una voce alla mia sinistra.
-Chi ha parlato?, domandai, prima ancora di volgere la testa. Poi effettivamente la volsi, perché in fondo sono educato.
-Sono l'elfo Biondiccio, Camerlengo di Re Fastidio, sovrano di questa terra; e tu devi essere il suo nuovo scrivano.
-No, negai decisamente, e intanto presi ad esaminare il mio curioso interlocutore: questi era alto circa un metro e venti centimetri, ed assomigliava sostanzialmente ad un essere umano, non fosse stato per le otto bucce di banana, agganciate alla testa mediante spille da balia, che gli pendevano sul volto.
-Ma non sei tu ad essere caduto nell'armadio?, fece lui, mentre i lembi delle bucce si piegavano a mo' di punto interrogativo.
-Sì, sono io.
Sul suo volto apparve un'espressione di trionfo. Sorridendo a tutta bocca, affermò:-Allora sei davvero tu lo scrivano. Cadendo nell'armadio hai accettato i termini del contratto, e così dicendo mi sventolò davanti un foglio di carta giallastro e finto antico. Si trattava evidentemente del mio contratto, trascritto in bella grafia in un alfabeto a me sconosciuto. In basso a destra, al posto della firma o del timbro, campeggiava una grossa impronta di cane.
-E ora vieni con me, disse l'elfo, indicando con le bucce una direzione ben precisa.
-Dove andiamo?
-Al palazzo di Re Fastidio!
-Ma andremo a piedi?
-No... Immagina il tuo cavallo!
Dette queste enigmatiche parole, l'elfo si concentrò per un istante; dopodiché comparve sotto di lui un meraviglioso stallone dal pelo lucido e scurissimo. Io provai a seguire il suo esempio, e mi trovai a montare in rapida successione un orso, una zucchina, un grosso cane bianco e nero che mi fece molto ridere. Giunto al rinoceronte, risolsi di potermi accontentare. Partimmo dunque per il viaggio alla volta di Re Fastidio; intanto le Capre si accalcavano intorno ad un grande pentolone, tra belati di approvazione e scontri a mestolate per il controllo della dispensa.

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