13 marzo 2008

Lezioni romagnole

Un mio lontano antenato, che viveva a Cesena e io che non ho mai conosciuto, era solito pronunciare la seguente frase:"Tu vedi la tua morte negli occhi di una donna". Diceva queste parole esclusivamente quando si ubriacava, ma non perché credesse loro soltanto da ebbro, bensì perché era un uomo molto orgoglioso e pieno di altri difetti, e sentiva che questa affermazione sarebbe stata accettata solo se fosse stata detta da un ubriaco. Così, col tempo, essa divenne il suo motto e il suo marchio di fabbrica; gli amici sapevano che dopo qualche bicchiere di vino egli avrebbe immancabilmente portato il discorso sulla morte e avrebbe reiterato il suo giudizio sulla questione, favorito in questa manovra dalla facilità con cui gli ubriachi di sangiovese e i romagnoli in genere discutono di morte, specialmente della propria. La sua passione e la sua insistenza lo portarono, ancora relativamente giovane, ad avere la pelle giallastra e poi alla tomba; sua moglie e i suoi figli andarono via da Cesena. Io sono a conoscenza delle sue parole solo perché mi sono venute in mente d'improvviso e con grande nitidezza mentre ero impegnato in tutt'altre occupazioni; con la medesima chiarezza ho avvertito che quei pensieri non mi appartenevano e che mi venivano direttamente da quel lontano antenato che non ho mai conosciuto.
Non sono affetto da particolare presunzione intellettuale e non ho avuto difficoltà a concedere che quelle parole, che non erano le mie, potevano egualmente corrispondere a verità; ma in che modo fossero vere, non mi è stato per nulla evidente se non dopo una lunga riflessione. Sulle prime, com'è naturale che sia, ho ricercato l'interpretazione più letterale e ho creduto, lusingato, di esser destinato ad una morte serena perché amo e ho amato donne accomunate dalla straordinaria bellezza dei loro occhi, per il resto molto differenti tra loro (ho subito escluso che gli occhi della frase potessero essere occhi qualsiasi, non ritenendo comodo, sensato e possibile che il mio antenato romagnolo, peraltro privo di una qualsiasi vita mondana, proponesse di girare il mondo alla ricerca di occhi femminili onniscienti e della propria morte). Lo stesso soffio che mi ha portato le parole del mio avo mi sussurrava però che non le avevo intese bene; così, le ho soppesate di nuovo con una certa annoiata sufficienza, perché in fondo non mi parevano neanche così acute e intelligenti, finché non sono giunto alla conclusione che trascrivo ora.
In fondo agli occhi della donna che ti ama, dietro le mutevoli espressioni di affetto, di fastidio, di riso, rabbia o passione, si trova una luce che mantiene una notevole coerenza, una luce che, più che guardarti, ti giudica; ed è facile che il giudizio della donna che ti ama coincida con l'ultimo e più legittimo giudizio sulla propria esistenza che formula un uomo prima di spegnersi. In questo senso, gli occhi di quella donna sanno già come morirai, lo sanno sempre. Se ti ama, ti sa da prima.
Dopo aver terminato questa riflessione, il soffio se n'è andato. Ho quindi capito che proprio questa fosse l'interpretazione esatta delle misteriose parole giuntemi in mente all'improvviso; o, perlomeno, tale era l'interpretazione che di esse dava il mio lontano antenato di Cesena, che io non ho mai conosciuto.

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