20 marzo 2008

Primi sintomi della lusofonia

Un uomo è sul treno che ha appena passato Spoleto, e sta pensando ad altro o non sta pensando affatto, quando d'improvviso lo prende una malinconia nuova e dolcissima e l'uomo non pensa più a nient'altro che a sedersi in riva all'Oceano, aspettando che ritornino i galeoni e le ragusee dalle vele maestose.
A quel punto l'uomo toglie gli occhiali e porta una mano al petto, proprio dove sente quel magone morbido che gli inumidisce appena gli occhi e l'anima, e si domanda con sgomento che cosa stia succedendo. Ma non è niente di grave: sta solo diventando lusofono.
Ogni anno, milioni di uomini in tutto il mondo diventano lusofoni: un sorriso mesto e persistente caratterizza queste persone, e una tristezza che non ha paura di brutte sorprese, perché il lusofono sa che l'Oceano resta lì, imperturbabile, e finché c'è l'oceano non c'è da aver paura. Il lusofono conduce la stessa vita degli altri; la sua lusofonia non gli impedisce di vivere, morire, lavorare e amare, ma il lusofono fa tutto questo con più gentilezza e rassegnazione. Il lusofono è un uomo o una donna come tutti, sereno di fronte al suo piatto di pesce, mentre modula piano delle note melancoliche. Non c'è da temere queste persone e la loro malattia: il lusofono è tutt'altro che aggressivo, è mansueto ed educato, saluta, affabile e distante, le persone che gli stanno intorno, poi si ritira nel proprio mondo.
L'uomo che vedete là, seduto con le spalle alla folla come se fosse solo al mondo, con un'ombra di sorriso sul viso serio ed assorto, non sta male e non ha pensieri tristi: ha solo nostalgia delle colonie, e il Mozambico verde che non ha mai visto gli fa increspare la fronte.

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17 marzo 2008

Istruzioni per morire

Prima di tutto si deve apprestare un letto comodo e ben rifatto, depositare il gatto fuori dalla porta, staccare tutte le sveglie di casa, dimenticare di essere interessati alle cose che ancora non si sanno e che potrebbero magari trovarsi sui libri, oppure per strada o nella valle tra i seni di una donna, infine chiudere le finestre e gli scuri della propria camera; quindi bisogna sdraiarsi sul letto con grande dignità e pensare intensamente che si è nel mezzo di un bellissimo prato delle Alpi svizzere, il tepore è gradevole ma non eccessivo e non ci sono assolutamente marmotte.
Quando vi verranno a chiamare dicendo che manca loro il decimo per il calcetto, dite loro che state morendo. Se vi chiedono cos'avete, non date altre informazioni, perché avete già detto il necessario. Insisteranno, diranno che non si riesce mai a trovare un decimo e loro non sono mai morti quando eravate voi a cercarli; ma non lasciatevi commuovere e morite sereni e irremovibili. Stringete le vostre dita sul petto e fissate un punto qualsiasi della stanza inondata dal buio, e soprattutto tenete sempre a mente che non c'è nessuna marmotta. Nel modo più assoluto.
Sarete così pronti a passare a miglior vita, mentre fuori dalle finestre serrate il sole giallo e la giornata splendida spingeranno delle voci a maledirvi per averle lasciate in nove. Ma voi state già morendo, e sorridete di questa consapevolezza priva di ombre e di marmotte.

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14 marzo 2008

Bambini viziati

E' il compleanno del bambino grasso che tira su col naso e i genitori gli hanno regalato il Belgio. Le nonne battono le mani e gli altri bambini sono rimasti a bocca aperta, ma il bambino grasso continua a tirare sul col naso e non sorride. Lancia in giro degli sguardi a metà tra la iena e il piccione, impauriti ma arroganti, e incombe sul Belgio con le mani sporche di torta. I genitori hanno una faccia ebete e buona che riassume il loro animo buono ed ebete.
Al bambino il Belgio non piace, ma è suo e non vuole che gli altri bambini infilino le loro dita curiose nelle miniere esauste della Vallonia, sporcandosi appena le unghie di carbone. Così decide di fingere interesse, percorre con le mani grassocce il campo di battaglia di Kortrijk, pizzica con l'indice il centravanti dell'Anderlecht che stava per incornare un cross dalla sinistra e lo spinge via, è così frenetico nel suo reclamare il possesso di quelle pianure nebbiose che si scorda di tirare su col naso: un moccolo giallo cola sulla grigia fortezza di Mechelen. Il bimbo tocca tutto e non gli piace nulla.
Qualche mese dopo, con la scusa che si è rotta Anversa, il bambino butterà il Belgio nella spazzatura.

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13 marzo 2008

Lezioni romagnole

Un mio lontano antenato, che viveva a Cesena e io che non ho mai conosciuto, era solito pronunciare la seguente frase:"Tu vedi la tua morte negli occhi di una donna". Diceva queste parole esclusivamente quando si ubriacava, ma non perché credesse loro soltanto da ebbro, bensì perché era un uomo molto orgoglioso e pieno di altri difetti, e sentiva che questa affermazione sarebbe stata accettata solo se fosse stata detta da un ubriaco. Così, col tempo, essa divenne il suo motto e il suo marchio di fabbrica; gli amici sapevano che dopo qualche bicchiere di vino egli avrebbe immancabilmente portato il discorso sulla morte e avrebbe reiterato il suo giudizio sulla questione, favorito in questa manovra dalla facilità con cui gli ubriachi di sangiovese e i romagnoli in genere discutono di morte, specialmente della propria. La sua passione e la sua insistenza lo portarono, ancora relativamente giovane, ad avere la pelle giallastra e poi alla tomba; sua moglie e i suoi figli andarono via da Cesena. Io sono a conoscenza delle sue parole solo perché mi sono venute in mente d'improvviso e con grande nitidezza mentre ero impegnato in tutt'altre occupazioni; con la medesima chiarezza ho avvertito che quei pensieri non mi appartenevano e che mi venivano direttamente da quel lontano antenato che non ho mai conosciuto.
Non sono affetto da particolare presunzione intellettuale e non ho avuto difficoltà a concedere che quelle parole, che non erano le mie, potevano egualmente corrispondere a verità; ma in che modo fossero vere, non mi è stato per nulla evidente se non dopo una lunga riflessione. Sulle prime, com'è naturale che sia, ho ricercato l'interpretazione più letterale e ho creduto, lusingato, di esser destinato ad una morte serena perché amo e ho amato donne accomunate dalla straordinaria bellezza dei loro occhi, per il resto molto differenti tra loro (ho subito escluso che gli occhi della frase potessero essere occhi qualsiasi, non ritenendo comodo, sensato e possibile che il mio antenato romagnolo, peraltro privo di una qualsiasi vita mondana, proponesse di girare il mondo alla ricerca di occhi femminili onniscienti e della propria morte). Lo stesso soffio che mi ha portato le parole del mio avo mi sussurrava però che non le avevo intese bene; così, le ho soppesate di nuovo con una certa annoiata sufficienza, perché in fondo non mi parevano neanche così acute e intelligenti, finché non sono giunto alla conclusione che trascrivo ora.
In fondo agli occhi della donna che ti ama, dietro le mutevoli espressioni di affetto, di fastidio, di riso, rabbia o passione, si trova una luce che mantiene una notevole coerenza, una luce che, più che guardarti, ti giudica; ed è facile che il giudizio della donna che ti ama coincida con l'ultimo e più legittimo giudizio sulla propria esistenza che formula un uomo prima di spegnersi. In questo senso, gli occhi di quella donna sanno già come morirai, lo sanno sempre. Se ti ama, ti sa da prima.
Dopo aver terminato questa riflessione, il soffio se n'è andato. Ho quindi capito che proprio questa fosse l'interpretazione esatta delle misteriose parole giuntemi in mente all'improvviso; o, perlomeno, tale era l'interpretazione che di esse dava il mio lontano antenato di Cesena, che io non ho mai conosciuto.

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05 marzo 2008

Gigli d’oro in campo azzurro bordato d’argento e di rosso (€ 18,50)

La mia vita è decisamente cambiata, da quando sono cittadino del Ducato di Borgogna. Ho fissato la bandierina coi gigli e le strisce gialloblù al portapacchi della bici: la gente mi sorride, mi ferma, mi fa i complimenti per aver consegnato Giovanna d'Arco agli inglesi.
-Je ce sta be', mi dice un tale mentre siamo fermi ad un semaforo, Polea armane' lì casa: vedrai che nte quela maniera gne succedea gnè. Digo giusto?
Giusto, concordo. Stringo la mano al tizio e me ne vado pedalando forte, contento di aver trovato un'anima affine.
Al supermercato una donna mi guarda e mi sorride mentre scelgo i peperoni. Sono un po' piegato in avanti, ha notato lo stemma sui guanti che ho infilati nella tasca posteriore. Ricambio il sorriso e la osservo a mia volta: che belle tette che ha, penso. Parliamo un po' mentre facciamo la fila, vien fuori che ha un marito e un figlio di due anni, il che spiega le tette. Il marito è un brav'uomo, per carità, ma non capisce la sua passione per la Borgogna. Ci diamo appuntamento per il giorno successivo al parco; mentre torno a casa ho qualche scrupolo morale, ma riflettendoci bene realizzo che la ricostituzione della Lotaringia è uno scopo ben superiore anche al rispetto di un'unione legittima.
Poi incrocio una signora anziana, che mi chiede tutta gentile di salutarle Carlo il Temerario. Ricambio i convenevoli e prometto che lo farò senz'altro. Non ho il cuore di dirle che è morto nel 1477 all'assedio di Nancy.

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03 marzo 2008

Fieberlicht sulle donne

Il ben noto Fieberlicht fu invitato una volta a tenere una conferenza sul sesso femminile e in particolare sulla possibilità, deprecata da taluni, auspicata da altri, che anche alle donne sia concesso il diritto di voto. La grande sala, messa a disposizione da un circolo progressista di Osnabrück, tacque d'istante il suo brusio inconsulto (somma di tanti sussurri certamente più sensati, se considerati singolarmente) non appena lo studioso alzò il braccio destro con gesto non privo di grazia; l'altro braccio sorreggeva e accarezzava la rada barba rossiccia.
-Signori-, esordì Fieberlicht, -è dannoso in sé ed ingiustificabile che a qualcuno, dall'alto della propria incompetenza, sia concesso di influenzare e quasi determinare la formazione di un governo e la condotta della politica di uno stato moderno, come se si avesse a che fare con un villaggio dell'Africa profonda governato da una bulè di anziani vestiti di pelli (tanto più rispettabili, questi ultimi, in quanto certo consci ed esperti delle problematiche effettive della comunità che è loro affidata e del modo di affrontarle; ma che abbia un benché minimo senso e una giustificazione possibile il fatto che al tale che vende salsicce in Piazza del Mercato nei giorni di festa venga richiesto di giudicare l'operato del Ministro del Tesoro, di questo, per dio, non mi si potrà mai persuadere); se d'altra parte abbiamo permesso che di questo abominio si insignissero gli uomini, solo perché più alti e forti e pelosi delle loro consorti e colleghe di stirpe, non si vede a che diritto dovremmo escluderne le donne. Dirò di più, signori: solo alle donne si dovrebbe dare il permesso di recarsi alle urne, proprio in quanto tenute storicamente nell'infelice posizione di dover essere più prudenti, timorose, consapevoli delle conseguenze dei propri gesti (proteste, risate e grida in sala. Isolate argentine voci di suffragette si levano in sostegno).
-Signori!-, riprese con energia e con voce ferma il filosofo, -l'oppressione della donna è la sua superiorità! Il maschio gioca col suo voto come i bambini coi soldatini smaltati; egli sogna, non progetta, non prefigura, vaneggia; allo stesso modo si comporta il primo ministro, ebete prescelto da milioni di ebeti, Sommo Ebete che basa le sue decisioni, non a caso errate, sulle suggestioni di chi non ha certo un'educazione politica, né si interessa di costruirsela prima di recarsi a votare... La donna non conosce questa presunzione, ed è più probabile che la paura, se non proprio una genuina intelligenza politica (che non mi sembra appartenere né all'uno né all'altro dei nostri generi in quanto tali, e che comunque non si coltiva affettando carote, com'è invece richiesto alle nostre spose) le spinga alla ragionevolezza. Che votino solo le donne, dunque! e che lo facciano continuando ad affettare carote, soprattutto! Non date loro questa magnifica vuotaggine odierna, in cui il dilettantismo si afferma come unica ragion d'essere della società, e quanto più si è dilettanti, tanto più si brilla in questo patetico firmamento, in cui è d'onta la competenza (veri e propri tumulti scoppiano sotto il palco. Lo stesso Fieberlicht colpisce un giovane che si era avvicinato al suo podio cercando di interromperne lo sfoggio di eloquenza. Dopo il colpo, la prolusione riprende).
-...La parola educazione è troppo rispettabile perché la si avvicini alle forme moderne di indottrinamento, che non meritano neanche poi questo ultimo termine, perché oggi più che l'ingestione di una dottrina, per quanto impropria od interessata, si vede infatti un vero e proprio allevamento di polli, di cui la democrazia è la più compiuta e definitiva metafora ed il miglior riassunto... (a questo punto la conferenza viene duramente contestata, non senza impiego dialettico di seggiole brandite a due mani, e rinviata a data da destinarsi. A causa di questo episodio, stando alla maggior parte dei suoi biografi, Fieberlicht è bandito dall'intera Bassa Sassonia per tre anni. Altri attribuiscono la sua assenza ad un'opaca storia di scommesse ippiche).

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