08 febbraio 2008

Letteratura popolare

C'era un tizio su un treno che voleva scrivere qualcosa, e veramente non gli mancava nulla per farlo: aveva il suo bel computer bianco e un sacco di tempo vuoto da riempire di parole.
L'unico problema era che allo scrittore non veniva uno straccio di idea. Se ne stava lì a picchiettare le dita sui tasti, a vedere apparire cose come sjnòò jòabd ò.NF WE per poi cancellarle sbuffando, quando gli si avvicinò un piccolo signore distinto in giacca e cravatta.
Lo scrittore guardò con un sorriso perplesso la testa rotonda dell'uomo e la sua cravatta dal nodo impeccabile.
"Sì?", fece dunque il giovane intellettuale, con tono di amichevole curiosità.
"Sta cercando l'ispirazione?", domandò senz'altro il tipo, un probabile impiegato di banca, senza tradire il minimo imbarazzo.
"Mi scusi?".
"No, perché, vede", e qui il bancario si guardò intorno con aria circospetta, poi abbassò un poco il tono di voce, "io avrei un'idea da darle. Sa", a voce ancora più bassa, "ogni tanto, di notte, quando mia moglie vicino a me dorme profondamente, mi appoggio a sedere sul cuscino e scrivo anche io. Penso che sto scrivendo, ecco".
"Davvero?", rispose lo scrittore, sinceramente impressionato. "E cosa scrive, mi dica?".
"Beh", cominciò l'impiegatuccio impeccabile, "di solito nelle storie che mi racconto ci sono piccoli conigli bianchi, abitualmente morbidissimi, che accoltellano prostitute".
"Mi scusi?".
"Sì, ha presente? Le puttane!".
"E i conigli le accoltellano?".
"Sì. Dei batuffolini del genere -adorabili, lei capisce: chi mai crederebbe che girino con un coltello?".
Lo scambio di battute si era tenuto forse ad un volume troppo alto, nonostante le cautele del bancario, perché si accostò ai due anche una donna, di tratti neanche sgradevoli, ma con degli stivali orrendi che facevano correre brividi di fastidio per la schiena del giovane scrittore. D'altra parte, questo va detto per amor di verità, il giovane scrittore era un tipo particolare, pieno di piccole manie e di prese di posizione immotivate quanto inamovibili.
La donna fissò i due, corrugando il viso, già di suo eccessivamente scabro: poi domandò brusca, rivolta al giovane:"Lei scrive?".
"Scriverei", fece questi, gentile, "se solo un brandello di racconto, un mozzicone di periodo, tre frasi sparse come case di campagna tornassero finalmente a farmi visita... Invece nulla, oggi non c'è modo di macchiare questo benedetto foglio. Mi viene in mente solo sjnòò jòabd ò, e basta".
"Anche io vorrei scrivere, sa? Le idee le ho... Mi saltano in testa la sera mentre affetto le cipolle, di solito, e quel vagabondo di mio marito se ne sta lì a leggere il Corriere dell'Umbria. Allora mi immagino che un grosso mostro verde appaia sul campanile del mio paese e cominci a far pipì. Un getto potente, preciso, che colpisca in petto i carabinieri accorsi a restaurare l'ordine e li trascini via, poi continui, continui, salga come una marea atlantica fino a portar via tutto, fino a far rovinar il paese e la poltrona di mio marito giù dalla collina, disperdendo il tutto in un'onda di pipì schiumosa...". La donna restò per qualche istante sovrappensiero, come in contemplazione estatica del mostro piscione, poi chiosò, quasi preoccupata di rimarcare la propria normalità:"Lei mi comprende, vero?".
Il giovane scrittore disse che comprendeva benissimo. Intanto il bancario guardava la donna come un'intrusa, spostandosi con ostentazione sul sedile e dando brevi colpetti di tosse per richiamare l'attenzione su di sé e sulle proprie idee. Il pover'uomo temeva di perdere la propria influenza e il diritto di primogenitura delle proprie trame! E non sapeva che il peggio doveva ancora venire: arrivarono vicino al giovane scrittore e allo schermo bianco privo di parole anche una ragazza dai capelli color sabbia, che aveva in mente la vicenda epica di un criminale che voleva conquistare il mondo partendo da un bar pasticceria e di un supereroe che lo controllava andando ogni mattina a bere il cappuccino da lui, e poi un africano col naso curiosamente appuntito, le cui storie avevano come protagonista un investigatore privato di Praga col naso da pugile e gli occhi celesti; sempre che l'intellettuale si fosse sentito in grado di trascrivere in parole italiane queste suggestioni subsahariane.
Poco mancò che tutto il vagone si alzasse e comunicasse le proprie sensibilità letterarie al malcapitato scrittore; molti si raccomandarono, descrissero in lungo e largo le abitudini dei loro personaggi e le peculiarità degli scenari, scesero alle proprie fermate continuando ancora a sbracciarsi e spiegarsi all'indirizzo del giovane uomo.
Infine, scese anche lui; le idee degli altri rimasero sul treno e ci restarono un po' male. Il giovane scrittore le salutò tra sé: sentiva che le avrebbe reincontrate, inseguendo e sviluppando le sue che ora gli si negavano; e gli erano già simpatiche, umili com'erano.

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