08 febbraio 2007

If your girl only knew

La scienza ha stabilito da tempo che l'acquisto e la guida di un SUV o di un altro fuoristrada, almeno da parte di chi non sia un saharawi inseguito dalle truppe d'invasione marocchine, non abiti sopra gli 800 metri di quota, non abbia dimora posta in lande fangose o per pendii sassosi e frequentemente innevati, può essere causato solo da ciò che in termini squisitamente medici viene definito pene piccolo o tristemente ciondolante. Quelle ruotone, quella lamiera inutile, quell'altezza spropositata da terra non sono che l'equivalente, solo molto più inquinante ed antiestetico, del cotone idrofilo nelle mutande. Quattro tonnellate di cotone idrofilo. Ognuno fa brum-brum dove gli riesce di più, in estrema sintesi. E fin qui ci siamo.
Ma le donne? Perché una donna dovrebbe comprare o utilizzare un fuoristrada? Me lo chiedevo l'altro giorno, mentre ad uno stop facevo passare un gigantesco catorcio nero, montato da una minuta esponente del gentilsesso, coi capelli scuri raccolti in un'umile coda di cavallo. Io e la mia Honda Civic grigia del '97, perfettamente funzionante e soddisfacente (sì, faccio pubblicità, perché questi musi gialli lo sanno, come si costruisce una macchina), abbiamo scosso simultaneamente la testa e la testata. E' la fine, direbbe Jim Morrison: siamo arrivati ad un tale grado di barbarie che una donna, a tal punto bramosa di raggiungere l'effimero potere del genere maschile ed imitarne i fallimenti, arriva ad assorbirne anche le patologie:"Diamine, ho un pene piccolissimo!", esclama la sera la donna in carriera, prima di infilarsi nel suo lettuccio di spine, vegliato dai poster di Pinochet, Padre Pio e Gigi d'Alessio. E così la mattina seguente si presenta ad un concessionario: il cane del proprietario, legato all'ingresso, latra furiosamente, traumatizzato dai capelli gellati e dalle scarpe a punta. Il giovane romeno assunto da poco, alla vista di quella diavolessa, si apparta e si segna al modo ortodosso.
"VOGLIO UNA MACCHINA CHE MI INGRANDISCA IL PENE!", urla intanto la degenerata. Il concessionario scuote la testa, ma non può che firmare il contratto e consegnare il bestione alla bestiola. E il mondo fa un altro piccolo passo verso il baratro.

[qui il post cambia. Così.]

Tutto questo l'ho pensato mentre ero allo stop, giacché penso molto velocemente. Qui, improvvisamente, ho avuto un'illuminazione: mi sono tolto repentinamente i pantaloni e i boxer, ho stretto questi ultimi in mano ed ho seguito il mezzo pesante. Data l'elevata qualità nipponica, l'ho raggiunto ben presto: al semaforo ho affiancato la donna e in segno di sfida ho sventolato i boxer dal finestrino, mentre dall'autoradio Daniela Mercury cantava Quem puder ser bom que seja. Un pene, una macchina dall'assetto ribassato, un approccio tranquillo alla vita: era una chiara provocazione. Il Messala al femminile non ci ha visto più: mi ha braccato fuori città, mentre io continuavo a brandire i boxer, come un pifferaio di Hamelin inseguito da una topa tanto indegna del suo nome. La belva si faceva sempre più sotto; ho spento i fari, mi sono affidato alla Honda ed ho visualizzato l'obiettivo: l'enorme e inguardabile croce fosforescente, che domina e impaurisce una curva dalle parti di Acquasanta di Jesi. Ho sterzato all'ultimo, grazie al volante sensibilissimo. Ma il bestione nero non poteva farcela. Su di esso e sulla meschina al volante si è abbattuto, finalmente spegnendosi, quell'insulto alla religione cattolica e al buon senso. Illuminato dai bagliori del rogo che guizzavano sul mio viso, mi sono rimesso i boxer e i jeans, ne ho curato il risvolto, ho allacciato le scarpe. Per questa volta era davvero finita, riflettevo aprendo la portiera.
Giappone 1-Impotenza 0.

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