08 dicembre 2006

Vagamente psichedelica

Ero lì che facevo sacrifici al traffico, quando suonò il campanello. Immediatamente Pallino sbavò sul tappeto. E' l'ultima volta che gli tengo il cane quando Pavlov va fuori per il fine settimana, giuro. Per farla breve, anche per evitare una nuova scampanellata con annessa nuova (abbondante) salivazione, mi precipitai ad aprire. Non c'era nessuno. In compenso avevano lasciato un pacchetto davanti all'uscio. Mi attenni come sempre alle rigorose disposizioni di sicurezza che consentono, in quest'epoca di terrorismo, di continuare a vivere senza soccombere alla paura, mantenendo d'altra parte le giuste precauzioni: tirai fuori la mazza da hockey su pista e cominciai a tempestare di colpi il pacchetto, per intimidire eventuali ordigni esplosivi o triturare a dovere e rendere inoffensivo il virus dell'antrace. Per fortuna non mi regalano mai piccoli animali! Neanche mi hanno mai spedito Baricco, però. In ogni caso, portai a termine la procedura e poi aprii con prudenza la busta gialla: dentro c'era solo una sciarpa degli ultras della Vigor Senigallia, accompagnata da un bigliettino. "Okkio al kranio", vi si leggeva in bella ed elegante grafia ottocentesca. Molto stupito, alzai gli occhi e mi trovai dinanzi, come sbucati dal nulla, quattro loschi figuri ed una leggiadra donzella. L'insieme non mi giungeva nuovo, ma sulle prime non collegai. Ad ogni modo, quello con la mazza da baseball e la faccia pittata di bianco e giallo lo identificai immediatamente. D'altronde era evidente, oggi è l'8 dicembre. Mi avvicinai a lui e gli baciai devotamente i Doc Martens.
"Santità, accogliete il mio umile omaggio". Avevo riconosciuto subito il mio illustre quasi-concittadino Giovanni Mastai Ferretti, più noto con lo street-name di Pio IX.
"Alzati, figliolo", fece lui, con una voce ferma e autorevole che poteva appartenere solo ad un discendente di nobile e di guerrieri.
Di nuovo in piedi, mi misi a studiare gli altri quattro. Anche i loro volti dovevo averli già visti da qualche parte: forse in un documentario su gruppi musicali italiani che fanno musica sottilmente ma apertamente commerciale e millantano nei propri testi di conoscere la realtà dell'alienazione metropolitana e addirittura di aver familiarità con il crimine, pur provenendo da uno dei luoghi più rurali ed idilliaci del mondo, cioè la provincia di Siena?
Esatto.
"Salve, membri dei Baustelle", li salutai affettuosamente.
"Bona!", risposero essi con fare gentile.
Mi rivolsi dunque al capo del drappello, nonché ex rappresentante della maestà della Chiesa di Dio sulla terra.
"Che cosa la spinge qui, Santità?".
"Mio buon figliolo, tu sai bene che giorno è oggi e cosa esso rappresenta per me: voglio dire, questa cosa l'ho decisa io...".
"Non aggiunga altro, Santità: la comprendo benissimo".
"E tu conosci anche il significato di questa festa?".
"Santità", mi impuntai quasi, "Lei mi offende: ho ricevuto il sacro crisma della Cresima dal buon vescovo di Senigallia, afferro e condivido gli obblighi e i dogmi di ogni buon cattolico".
"Mio diletto figliolo!". Il viso, già risplendente di giglio e oro, si illuminava vieppiù. "Proprio per questo motivo siamo venuti da te! Ci servono la fede di un miseno e le sue braccia lunghe, per pestare a dovere chi ignora o fraintende il senso di questo santo giorno".
"Quindi ora andiamo in giro, domandiamo alla gente se sanno che cos'è l'Immacolata Concezione e spacchiamo la faccia a quelli che sbagliano?".
"Sì!".
"Non mi pare democratico, in tutta sincerità".
"Ma pienamente cattolico, mio buon figliolo".
Non faceva una piega, messa così. Ma a me non andava di arrogarmi il diritto di esercitare violenza sui miei simili. Tanto meno volevo che mi si vedesse in giro con i Baustelle. Poi le voci corrono, si sa come funziona. Perciò li interrogai:
"E voi perché siete qui, ragazzi?".
Rispose il più impostato dei quattro:
"In tutta sincerità, vogliamo fare un po' di pratica di ultraviolenza per trasportarla in musica nel nostro prossimo lavoro. Non vogliamo che si pensi che siamo vuoti e artificiosi e trattiamo temi che non conosciamo affatto".
"State pure tranquilli", volli rassicurarli, "lo pensano tutti già da tempo".
"Grazie, ma ci servono davvero delle idee. Fin adesso abbiamo pronti due brani: uno sul vino rosso adulterato che ha condotto mio zio Vanni al suicidio, il secondo sullo smog che attanaglia le grandi città, mentre nel Chianti si sta così bene".
"Direi che siete già a buon punto, complimenti".
Intanto Mastai Ferretti scalpitava:
"Allora, andiamo o no a fpaccare qualche tefta di mifcredente?", proruppe in una domanda rivolta più a se stesso, mentre giocherellava con la mazza. L'aria di casa gli faceva bene: già parlava come Fabri Fibra. Dovevo giocare con attenzione le mie carte.
"Santità, non vengo certo a insegnarle il mestiere: ma non peccherebbe di omissione se non verificasse prima se anche i nostri compagni di spedizione sono ferrati a dovere sul dogma da lei stabilito?". Se i miei calcoli erano giusti, sessanta anni di comunisti al governo a Montepulciano avrebbero prodotto l'effetto desiderato.
Pio IX rifletté e stava per aprire bocca, quando si intromise il tono sicuro e altisonante del solito Baustelliano:
"Ma certo che sappiamo cos'è l'Immacolata Concezione, siamo gente di cultura, noi: vuol dire che la Madonna non ha mai chiav-".
Non poté finire la frase, che già le ossa crepitavano spezzandosi sotto una gragnuola di colpi. Io rientrai in casa a prendere il cane di Pavlov, ché venisse a sbavare al parco, se proprio doveva. Uscendo osservai di sfuggita il pestaggio: se fossero sopravvissuti, i Baustelle sarebbero stati sicuramente in grado di produrre un album denso di contenuti e di esperienze. Andando per la mia strada, canticchiavo sereno.
La guerra era davvero finita, almeno per me.

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