14 novembre 2006

La partita per nulla interessante della settimana

Inauguriamo oggi una nuova rubrica dedicata alla manifestazione più evidente della malefica potenza del demonio che è dato osservare su questa terra: il girone B della C2. In particolare. diamo spazio a Bellaria-Sansovino, match di metà classifica dell'undicesima giornata di campionato. Ma diamo la parola al nostro inviato a Bellaria, Luigi Facta (sì, quello del governo Facta).

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Una buona giornata a tutti voi, gentili radioascoltatori, dallo stadio "Martiri di Edwige Fenech" di Bellaria, da cui si diffonde per l'etere la mia voce. Si affrontano oggi sul prato verde -dove nascono speranze che si chiamano ragazzi- le compagini del Bellaria padrone di casa, in elegante completo azzurro cielo, e il Sansovino, dall'eccentrica tenuta arancioblù di gusto oltremontano. I 139 spettatori presenti [giuro, l'ho letto sulla Gazzetta] compongono una vibrante scenografia afferrando ognuno la regione genitale del proprio vicino e intonando inni al dio Merib-Baal. I due undici, che formano conseguentemente i ventidue in campo, si girano verso i reporter per le foto di rito. Scattano le braccia nel saluto nazista, in ossequio alle nuove norme contro l'utilizzo di simbologie e comportamenti di tipo fascista sui campi di gioco. La pretestuosa protesta portata appresso da un pugno di negri è vigorosamente repressa dalla forze dell'ordine, nelle persone della pattuglia dei CC della locale caserma assegnata alla vigilanza sugli spettacoli sportivi e formata da Mancuso Carmine, Mancuso Giuseppe (il quale non è fratello né tampoco parente dell'altro Mancuso, giacché Giuseppe è originario di Ruvo delle Puglie, mentre Carmine discende dall'antica casata polacca dei Mankusow, presente ad Ariano Irpino da meno di un secolo), Copertino Salvatore (che invece è fratello del secondo Mancuso, ma la madre ha preferito non metterlo mai al corrente de' suoi disinvolti costumi) e Bersellini Egidio. Di buona lena essi riducono al silenzio gli africani e le loro strida razziste contro la civiltà teutonica. Ma veniamo al gioco, che si sviluppa gagliardo all'altezza della metà campo. Mulinano e randellano le muscolose leve degli atleti; di tanto in tanto cadono a terra or gli uni or gli altri, falciati dall'altrui vigore. Al decimo minuto l'arbitro introduce anche il pallone, precedentemente obliato nel segreto degli spogliatoi. Un "ooh!" di ammirato stupore prorompe da' petti degli spettatori; uno, il maestro elementare Tognozzi, ha un lieve mancamento. Prontamente soccorso dal locale presidio medico, cesserà di vivere in serata, bestemmiando serenamente il nome del Signore e sottoponendone i santi prediletti a mille improperi malmeritati. La comparsa del pallone nell'habitat della C2 provoca un subitaneo adattamento nelle forme di vita in campo: taluni si spostano verso le aree di rigore, assumono postura uccellesca e guizzo rapace, e si dedicano intieramente al lancio -mediante pedata di immaginifica potenza- del cuoio verso la rete avversaria; rete che fu sottratta nottetempo al peschereccio Simona, data l'allentata guardia del marittimo Baldelli, in preda a' fumi dell'alcool. Altri cambiano spontaneamente il colore della muta, e spunta sulle loro mani una spessa coltre di pelle bovina, detta guanto da portiere. Compiendo a ritroso il cammino che portò i nostri antenati alla civiltà, essi si dondolano come bertucce ai legni e ribattono con urla belluine i fendenti scagliati dai forward avversari. L'anziana madre dell'orangotango romagnolo, Spadaccini Vera coniugata Spitoni, subisce un leggero malore. Repente intervengono i sanitari: essi la recano al nosocomio riminese, dove alla donna sarà diagnosticata un'eruzione cutanea in forma di àncora, certo cagionata dalla vergogna. Si susseguono come i flutti sulla spiaggia bellariese, color dell'ocra e disprezzata da' villeggianti, gli attacchi dei sansoviniati. Talora l'azione è accompagnata dal pallone, rilanciato con spregio verso il fortilizio locale; più spesso essa si risolve invece in corse sghembe verso nessun luogo, sospinte e rese folli dalle fantasiose ingiurie partorite dal vivace pubblico di casa, ora del tutto alieno da nefaste influenze abissine. Sulla panca di torrone mandorlato siede il mister dei sansovinici, Beoni: egli osserva con malcelata soddisfazione la schietta carnalità de' suoi gladiatori, mentre sorseggia un Don Bairo. L'arbitro Fatta di Palermo tiene fede all'imparzialità propria del suo ruolo scalciando a tradimento toscani e romagnoli. Il pubblico ne loda la metodica ferocia con motti di spirito. Il quarto uomo, monsignor Criscuolo di Nocera Superiore, indica all'attenzione del referee Jidayi del Bellaria; questi non è di confessione cattolica, come confermano il nome e la propensione genetica all'imbroglio, classica ne' levantini. Interrogato dal Fatta, il moro tergiversa; rifiuta poi di baciare il crocifisso tratto di tasca dal direttore di gara. Il Saraceno è allora espulso e accompagnato a bordo campo dalla milizia. Tenta la fuga, ma viene acciuffato e assicurato a' ceppi. Portato in seguito sul peschereccio Simona, è posto al remo dal marittimo Baldelli, che in cambio ritira la denuncia contro ignoti per il furto delle sue reti. Intanto il pesce marcisce alle spalle di Spitoni e Chiaverini; con rabbia ferina, costoro addentano spesso le prede viscide e sfuggenti, ma impediscono senz'altro a' propri compagni di fruire a loro volta del fosforoso pescato. Intanto Fatta segna la fine della prima frazione di gioco; le squadre rientrano negli spogliatoi, dove li attende un gustoso brodetto di mare, vanto delle tavole romagnole. Cucinato dal già troppo spesso nomato Baldelli, esso è privo di pesce, per ragioni che non possono essere esposte in questa sede. Vi è mare in abbondanza, tuttavia: e anzi Quondamatteo del Sansovino soccombe all'elevata salinità, cadendo a terra e ricevendo dal severo impatto danni cerebrali non necessariamente permanenti. Ricoverato al centro grandi ustionati di Cesena, qui è bruciacchiato con degli accendini dal personale paramedico, al nobile scopo di giustificarne la degenza in tale luogo. Nei giorni successivi è ceduto dagli infermieri al Poggibonsi; la somma intascata per il cartellino è investita, la sera stessa, in donne di strada. Frattanto a Bellaria l'arbitro dichiara aperte le ostilità del secondo tempo, dopo aver personalmente ricondotto sul rettangolo di gioco i ventuno, con calci e male parole, volte quest'ultime ad infiammare l'ardore agonistico de' ginnasti. Il pubblico accoglie le squadre in campo con una mirabile coreografia: cala sui presenti un telone raffigurante il momento centrale del Ragnarök, in cui il lupo Fenrir fa scempio delle carni di Odino. Gli inni dei Freikorps slesiani conferiscono solennità alla cerimonia. Il tempo inizia con un netto predominio dei padroni di casa, fatto di dita negli occhi degli avversari, colpi bassi e altre finezze importate di recente dal Brasile e da altre terre infestate dal terrore e dal sottosviluppo. Ciononostante il pallone non vuole saperne di entrare. La ricerca del punto diviene sempre più stanca e sfibrata; tuttavia il pubblico incita i propri beniamini, accostando al nome di ognuno un particolare supplizio (esempio: Armento, garrotato; Gomez, sventrato e decapitato). I giocatori rispondono al saluto con il tipico gesto del pugno sui coglioni. A quella vista, del tutto insostenibile per uno stomaco delicato, il tipografo Marmugi si sente venir meno; trasportato per motivi ignoti al carcere femminile di Villa Fastiggi a Pesaro, nella notte dà alla luce tre gemelli. L'allenatore dei romagnoli, Fabbri, prova intanto a cambiare le carte in tavola evocando demoni assiri, con l'aiuto di tavolette cuneiformi razziate al museo di Baghdad dalla superiore democrazia occidentale, e poi mandando sul terreno di gioco Valentini e Mazzotti, che già pensavano alle comodità del talamo ed entrano in campo con i pantaloncini abbassati. Lo sbandamento provocato nella difesa del Sansovino è grave ma momentaneo; essa si dispone a schiltron e ributta fino al novantesimo ogni assalto dei padroni di casa. A quel punto Fatta fischia la fine e invita i capitani a stringersi virilmente la mano. Qui a Bellaria siamo stati testimoni di un bel pomeriggio di sport; e mentre in campo fervono i tentativi degli inservienti di catturare o rendere inoffensivi i due portieri, noi calorosamente vi salutiamo. Alla prossima giornata del campionato nazionale di calcio di Serie C2 girone B.

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