30 ottobre 2006

Un sabato pomeriggio a... Jesi

Questo sabato (ossia sabato passato), ci rechiamo a Jesi, centro industriale della Vallesina, Milano delle Marche, e chi più ne ha più ne metta. Io non ne ho più, dunque smetto di metterne.


In termini relativi marchigiani, come città Jesi fa abbastanza schifo. In termini assoluti, è invece indiscutibile che si tratti proprio di un bel posticino, ricco e vivibile, con molte cose belle da vedere e parecchie storie da rievocare. La città, come si vede nella foto sottostante, a distanza di otto secoli e più dall'aver dato -del tutto casualmente- i natali a Federico II di Svevia, conserva la sua fedeltà agli imperatori tedeschi. Si noti la correttezza filologica della "i" finale, al posto della sin troppo usata "y" di anglica, barbara ed errata importazione.


Da buoni marchigiani, gli jesini mantengono un vivo senso dell'equilibrio (quel gusto provenzale di mezura su cui così bene ha ricamato il vecchio Ferretti), che porta la cittadinanza a celebrare un guerriero solo se mostra anche doti squisitamente politiche. Almeno così lascia credere la targa, probabilmente erronea.


Ciò non toglie che vi possano essere degli odi e delle idiosincrasie, che spingono anche a richiedere l'esilio nei confronti di qualche mascalzone.


Non conosciamo la colpa di cui si è macchiato questo Andrea. Magari si tratta di un ladro, di un truffatore, di un lenone o forse perfino di un anconetano (crimine imperdonabile a Jesi). Con questo comunque vi salutiamo e vi auguriamo una buona permanenza in questo gradevole centro. In ogni caso anche Osimo non è male, se proprio non vi va di andare a Jesi.

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