31 ottobre 2006

Visione manichea della politica locale

Ad inizio 2007 sette comuni della Valle del Marecchia si recheranno al voto per decidere se restare nella Provincia di Pesaro-Urbino, o se invece passare sotto la sovranità di Rimini. Si tratterebbe della seconda mutilazione territoriale inferta al Ducato di Urbino, dopo quella del tutto arbitraria che in seguito all'Unità d'Italia tolse alla città più bella delle Marche il dominio su Gubbio. Ma il punto non è questo, anche se immagino che agli urbinati ruotino -vorticosamente quanto legittimamente- le pale del ventilatore (per il gran caldo) e, sospetto, anche le palle. Il punto è che solo in questi tempi scintillanti del loro stesso vuoto poteva venir in mente a qualcuno di proporre un referendum simile. E' un po' la stessa scelta dei tempi della guerra fredda, se ci pensate*: plastica contro acciaio. E le analogie non finiscono qui, guardate un po' che faccia ha il presidente della provincia di Pesaro-Urbino. Non serve quindi spiegare a voi persone intelligenti quanto sia simbolica la scelta cui sono chiamati i marecchiesi: Urbino contro Rimini significa Marche contro Romagna, Giacomo Leopardi contro Tonino Guerra, Gioacchino Rossini contro Raul Casadei, i Sassi Neri contro le spiagge di mattone, la passerina contro il culo; d'altronde, bisogna essere giusti, Rimini-Urbino è anche Campioni-il sogno contro Campioni-il brusco risveglio. Beh, staremo a vedere. Il mio personale appello ai marecchiesi è solo questo: pensate a come voterebbe Briatore, e poi fate un po' come vi pare.

*senza i gulag, però.

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30 ottobre 2006

Blog per uso personale

Messaggio rivolto al tipo che è arrivato sul gattusometro digitando "dove comprare adidas samba": prova un po' qui.

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Un sabato pomeriggio a... Jesi

Questo sabato (ossia sabato passato), ci rechiamo a Jesi, centro industriale della Vallesina, Milano delle Marche, e chi più ne ha più ne metta. Io non ne ho più, dunque smetto di metterne.


In termini relativi marchigiani, come città Jesi fa abbastanza schifo. In termini assoluti, è invece indiscutibile che si tratti proprio di un bel posticino, ricco e vivibile, con molte cose belle da vedere e parecchie storie da rievocare. La città, come si vede nella foto sottostante, a distanza di otto secoli e più dall'aver dato -del tutto casualmente- i natali a Federico II di Svevia, conserva la sua fedeltà agli imperatori tedeschi. Si noti la correttezza filologica della "i" finale, al posto della sin troppo usata "y" di anglica, barbara ed errata importazione.


Da buoni marchigiani, gli jesini mantengono un vivo senso dell'equilibrio (quel gusto provenzale di mezura su cui così bene ha ricamato il vecchio Ferretti), che porta la cittadinanza a celebrare un guerriero solo se mostra anche doti squisitamente politiche. Almeno così lascia credere la targa, probabilmente erronea.


Ciò non toglie che vi possano essere degli odi e delle idiosincrasie, che spingono anche a richiedere l'esilio nei confronti di qualche mascalzone.


Non conosciamo la colpa di cui si è macchiato questo Andrea. Magari si tratta di un ladro, di un truffatore, di un lenone o forse perfino di un anconetano (crimine imperdonabile a Jesi). Con questo comunque vi salutiamo e vi auguriamo una buona permanenza in questo gradevole centro. In ogni caso anche Osimo non è male, se proprio non vi va di andare a Jesi.

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27 ottobre 2006

I dolori del giovane Werder

Ero lì che rosicchiavo l'orizzonte da Oriente ad Occidente, quando fui risucchiato nel sogno di un uomo. Sentii il rumore molle ed inquietante del subconscio che si apriva sotto i miei piedi, ed un attimo dopo stavo giocando Werder Brema-Juventus di Coppa Intercontinentale. Seppi che era proprio la Coppa Intercontinentale prima di tutto perché lo seppi e basta, perché nei sogni le cose si sanno e basta, poi perché gli spalti erano pieni di musi gialli. E non poteva essere la J-League, la Juventus non gioca la J-League. Poi c'era pure la Coppa a bordo campo, e Rui Barros che stava cercando di sfuggire alla mia disattenta marcatura (immaginate che un istante prima ero nella mia vita, con i miei affetti, le mie sicurezze e le mie infradito da casa schwarz-rot-gelb. Un attimo dopo avevo la maglia del Werder Brema, ma non quella orrenda che hanno ora; quella fine anni '80 a dominante bianca e inserti verdi, e stavo lottando per il traguardo più prestigioso della vita di un calciatore di club. Traguardo per il quale un calciatore spende e consacra una vita di allenamenti, rinunce, lontananze da casa; e io invece avevo ottenuto la chance di giocarmela solo cadendo nella testa di un uomo. Decisamente, sono un tipo fortunato). Allora strattonai velatamente il piccolo portoghese e gli misi la palla in fallo laterale. Voglio dire, ragazzi: va bene che sono in un mondo che non è il mio, va bene che non so come uscirne, va bene anche che l'impatto è stato devastante, ma resto un terzino coi controcoglioni e non posso farmi superare così. Con quello che mi pagano, poi. Cioè, non mi pagano, però se fossi davvero un calciatore professionista il Werder mi pagherebbe profumatamente. In marchi tedeschi fine anni '80, poi. Dunque, in termini ipotetici, sono in debito con la società. E qui è tutto così onirico che mi conviene impegnarmi, non so quando mi ricapiteranno queste atmosfere rosse e questi musi gialli, con quel che costa un biglietto per il Giappone. In ogni caso, mentre Galia si apprestava a battere la rimessa, pensavo e pensavo: perché tutto questo? Perché la Juve 1989/'90? Perché due squadre europee, se questa è la Coppa Intercontinentale? Oltretutto a me non mi frega nulla né della Juve né del Werder. Io tifo per il Club, al massimo. Ma non c'era un bel sogno di donne nude in cui* cadere? Poi la palla filtra in mezzo e mi tocca rinviarla forte, senza guardare, perché è vero che l'attacco della Juve all'epoca faceva cagare, però non si sa mai cosa succede. La palla è rotonda, i giocatori sentono il dodicesimo uomo, l'arbitro soffre la sudditanza psicologica, ci sono decisamente troppe variabili che non posso controllare. Non lo so, sento il sudore e la tensione e mi dimentico che devo tornare. Prima vinco, poi dopo magari torno. Cioè, voglio tornare, ma ci penseremo più tardi: adesso devo rimanere qui, godere l'odore dell'erba e dell'adrenalina, se possibile tirare una botta incredibile sotto il sette che faccia contenta tutta la città-Land di Brema e una certa parte della Bassa Sassonia. Ma questo sarebbe chiedere troppo, pensa al tuo uomo che non deve scapparti e ad aspirare l'ultimo rito sacro che la società occidentale contempli, il calcio**. Vincere, godere, pensare. Non è un anticlimax, se ci pensate bene, e Zavarov defilato sulla sinistra mi rifiuto di considerarlo pericoloso. Tre passi avanti per chiuderlo, lo sapevo che si sarebbe girato e l'avrebbe data indietro. Buffo, no? Che ore o minuti fa, non lo so neanche più, ero così lontano da tutto questo e adesso questo è tutta la mia vita. D'altronde, normale sia così. Adesso mi tocca chiedere la palla e provare a fare bella figura contro De Agostini. Un ottimo terzino sinistro, di quei friulani che una volta affollavano la serie A, e in più io mi sento inadeguato a chiedere palla a gente che parla il tedesco così bene. Non so neanche più come si dica triangolo, ma se è bravo lo capisce. Non l'ha capito. La palla se ne va a loro ed io ho di nuovo tempo di riflettere, ma adesso mi va solo di guardare le tribune. Cerco un tabellone, vorrei sapere quanto stiamo, ma la mia testa è rapita da un rumore che non viene dal campo e mi ritrovo al Quadraro, con gli occhi pieni di luce e una curiosità. Non lo so se ho vinto. Domani vado alle poste e chiedo se nel 1990 è arrivato un pacco per me a forma di Coppa Intercontinentale.

*in cui si riferisce al sogno o alle donne nude?
**Acuto, vero? Non a caso ho rubato la definizione a Pasolini.

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25 ottobre 2006

Rudimenti di psicologia

Leggevo su L'Unità di ieri un articolo sull'omosessualità. Pare che anche al giorno d'oggi, nel 2006, dopo secoli e millenni in cui hanno vissuto sulla terra uomini di valore e ingegno gay (o anche biadesivi), sia ancora un trauma e una difficoltà insormontabile quella di fare i conti con le proprie inclinazioni sessuali e soprattutto di rivelarle ai propri cari. A questo proposito ho pensato di mettere la mia facondia a disposizione di tutti quei giovani e quelle giovani gay che non trovano le parole per dirlo. Non mi ringraziate, lo faccio per bontà d'animo.

***

"Babbo, mamma, avete presente Cecchi Paone? Beh, ho paura di esser diventato come lui".
"Eh? Ma... ma non vorrai mica metterti quelle orrende bretelle?!".
"No, babbo, nel senso che sono omosessuale".
"...Ma vaffanculo, per un attimo ci hai fatto preoccupare".

***

"Babbo, mamma, vi annuncio con fierezza ed a testa alta che anch'io, come un genio del calibro di Leonardo da Vinci, sono omosessuale".
"Bene. Ecco, prendi, questi sono i pennelli e questa è la tavolozza. E se entro sei mesi non esponi al Guggenheim ti taglio i coglioni".

***

"Babbo, mamma, non voglio più nascondermi, non voglio più aver paura di quello che mormora la gente: da oggi in poi lo dico forte e chiaro, che sono gay e non c'è nulla di cui vergognarsi".
"Scusa, su Sky danno Osasuna-Impero Sasanide e non t'abbiamo sentito. Puoi ripetere a voce alta?".

***

"Babbo, mamma, statemi bene a sentire: sono una donna, ho diritto alla mia vita e alle mie scelte. Non c'è consuetudine barbara, né vergogna, né ipocrisia travestita da religione che possa cambiare la mia natura e le mie convinzioni: sono lesbica e voglio vivere come tale".
"Tutta questa storia per dire che ti piace la cocchia? Anche a me, figlia mia, ma non è che mi metto a rompere i coglioni in questa maniera".

***

"Babbo, mamma, è giusto che lo sappiate: io sono lesbica".
"Un altro vizio preso da tuo padre, figlia mia. Che razzaccia che siete".

***

"Babbo, mamma, voglio dirvi che sono lesbica, che mi sono innamorata di una persona e che vogliamo andare a dividere insieme la nostra vita e la nostra intimità".
"Vai a vivere con un'altra donna?!".
"Sì".
"E va bè, almeno avrete sempre la casa pulita".

***

"Babbo, mamma, ho una decisione importante da comunicarvi: ho deciso di entrare nell'Udeur, perché sono convinto ed affascinato dalla schietta moralità e dal carisma di Mastella".
"Che cosa!? Ma, dico, sei completamente impazzito? Vuoi gettare il discredito su questa casa? Tu non sei più mio figlio! Non lo sei mai stato!".
"No, scherzo, babbo: in realtà sono finocchio".
"...".
"...".
"Che scherzo di merda. Per un momento ho temuto che avessimo completamente sbagliato nel darti un'educazione, che fossimo venuti meno ai nostri compiti di genitori e non fossimo riusciti a darti la rettitudine che è necessaria in questa vita. Per fortuna che lo prendi solo in culo".
"Già".
"Ti dispiace passarmi il telecomando?".

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24 ottobre 2006

Cabala marchigiana

Un articolo, nell'edizione in rete del Corriere Adriatico di oggi. Non so proprio cosa vogliano dire, ma non ci scherzate troppo: potrebbero essere instabili.

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23 ottobre 2006

I fatti separati dalle opinioni, le opinioni incuranti dei fatti

Talvolta mi chiedono come mai non punti a fare il giornalista. Considerato che c'è riuscito anche Marco Fiocchetti, perché non dovrei provare anch'io ad imboscarmi in qualche redazione, a scrivere menzogne e\o futilità per il resto della mia vita? Voglio dire, non era un mio sogno da ragazzino?
In effetti si tratta di una posizione esclusivamente pregiudiziale, se me lo chiedete. Ho qualcosa di non precisato contro la professione di giornalista in sé, probabilmente. Eppoi ormai ho imparato a leggere e scrivere correttamente e a mettere in relazione i fatti: temo dunque che perle del genere, come quella che sto per raccontarvi, non sarei più in grado di produrle neanche sforzandomi parecchio. Ma veniamo al raccontino di oggi. Il protagonista è un ambizioso uomo politico balcanico di nome Slobodan Milošević, il quale si avvia a diventare uno degli uomini più potenti in Serbia e in Jugoslavia, quando il 28 giugno del 1989 pronuncia a Kosovo Polje-Fushë Kosovë un discorso davanti a centinaia di migliaia di serbi accorsi per l'occasione. Si consideri che i serbi sono circa una decina di milioni; parlare dunque dinanzi ad una tale affluenza, c'è chi parla perfino di un milione di presenti, significa poter influenzare direttamente una gran parte del popolo. Bene, anche giornali di sinistra, non solo fonti più sospette come la NATO, sono d'accordo nel ritenere quel discorso come pericoloso, intriso d'odio, se non volto direttamente a creare le condizioni morali per spaventare i serbi e spingerli alla guerra e alla distruzione della Jugoslavia. Questi sono alcuni contributi, pescati in pochi minuti dalla Rete, che dimostrano oltre ogni ragionevole dubbio che razza di criminali parole abbia pronunciato il suddetto S.M., in quella infausta giornata di inizio estate (infausta già un paio di volte prima di allora): 1, 2, 3, 4 (quest'ultimo scrittore è proprio incazzato, si vede che non riesce a digerire la malafede e la malvagità). Poi, se uno proprio è malfidato, può andare a leggersi il discorso originale, qui. Purtroppo la maggiorparte dei giornalisti italiani non ha avuto un attimo libero, negli ultimi 17 anni, per compiere questo passo. D'altronde, vanno capiti: ci sono state un sacco di edizioni dell'Isola dei Famosi, staccarsi dalla tv era assolutamente impossibile.

Ecco, questa è la ragione per cui non faccio il giornalista: perché dentro casa ho degli specchi, e una mattina potrebbe capitarmi di passarci davanti.

Tardiva presa di coscienza: questo post non è inteso come "è tutto un magna magna" o roba simile. Ai giornalisti che fanno il loro lavoro bene e che sono onesti intellettualmente e che dunque la mattina possono farsi la barba senza andare a tastoni, a costoro io dono tutto il mio rispetto. E so che è sempre poco, per ringraziare chi mi permette di capire e di conoscere le cose. Per quanto riguarda i giornalisti italiani che scrivono di Balcani, credo di dover ringraziare Ennio Remondino e Tommaso di Francesco e pochi altri che ora non mi vengono. Ma è sempre molto meglio di niente.

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Achtung, Banditen

Mi è venuto il dubbio che voi ameni frequentatori di questo ameno blog siate un po' troppo immodesti, illiberali e pieni di voi per leggere bene le istruzioni che trovate scritte in basso nella colonna di destra. Per cui scrivo un post solo per avvertirvi che, se ci tenete a visualizzare bene questa pagina uèb, dovete recarvi virtualmente su www.dafont.com e scaricare i caratteri di cui appunto nella colonna di destra. Pensate quanto vi voglio bene.

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18 ottobre 2006

Questionari per falliti

Ore 18 e 40 minuti circa. Il mio preoccupato ozio si protrae ormai da giorni e giorni. Squilla il telefono, faccio le scale al buio e vado a rispondere.
"Pronto?".
"Il dottor Tamas?". E' un robot, dall'altra parte del filo.
"Sono io, mi dica".
"Salve, le telefono per conto di *inserire nome di progetto interuniversitario di scarsa chiarezza, volto probabilmente a lucrare sulla comprensibile ansia dei neolaureati di essere utili e di trovare un lavoro, cui comunque laureandoti alla Sapienza sei costretto ad aderire*. Stiamo raccogliendo informazioni sui laureati usciti dalle università che hanno aderito al nostro progetto". No, cerchiamo di essere seri: una donna sposata con un robot, che ha acquisito col tempo la pronuncia del marito. Ecco, questo è possibile.
"Eh".
"Acconsente ad un'intervista telefonica?".
"Certamente".
"Le assicuriamo che in base alla legge 12345/numero di Avogadro del 1813 e al decreto Spadolini/Von Clausewitz i suoi dati personali saranno letti dal balcone di Piazza del Popolo, derisi ed immagazzinati in sacche di iuta, poi spediti in Asia Centrale con carovane di arcieri a cavallo e qui consacrati all'Azzurro Cielo".
"Bene, allora mi sento sicuro come Crasso prima di combattere i Parti".
"Dunque possiamo cominciare con l'intervista". Sono tutto un brividino. Chissà se poi la mandano su Mtv?
"Le ha mai dato una lira un'azienda privata per avvalersi della sua inqualificabile e inefficiente collaborazione, dacché si è laureato?". Mmmmh.
"No".
"Le ha mai dato una lira un ente pubblico per avere un imbecille come lei nei suoi ranghi, dacché si è laureato?".
"No".
"Ha partecipato a costosi, ma in compenso inutili, master?".
"No".
"Come no? (Comunista!) Ha avuto modo di partecipare a dottorati di ricerca?".
"Sì".
"Con borsa di studio?".
"No".
"Rimborsi spese?".
"No".
"Buoni sconto?".
"No".
"Biglietti per il Circo?".
"No".
"Ha avuto modo di partecipare a tirocini o altre iniziative di formazione professionale?".
"Sì".
"Ma va'? Un babbalone come lei? E l'hanno pagata?".
"No".
"Ah, ecco. Quindi la sua retribuzione è pari a?".
(a bassa voce)"Zero".
"Può ripetere?".
"Zero".
"Ora avvicino il mio cellulare registratore macchina digitale videocamera shaker multitasking alla cornetta. Può scandire, ad alta voce e con buona dizione, la frase -Sono un fallito ed i miei studi mi condurranno solo ad una sordida e frustrata esistenza-?".
"E' legale?".
"Cazzo, no? Va bè, lo facciamo alla fine. Ora mi dica, qual è il suo stato civile? Celibe, nubile [l'ha chiesto davvero], sposato?".
"Celibe".
"Ha per caso dei figli, che comunque un pezzente come lei non sarebbe in grado di mantenere e dovrebbe inserire in ambienti squallidi e criminali come quello dei traffici d'organi, oppure a Genius?".
"Niente figli".
"Gliela danno mai? Anche senza fatturazione né contributi, questa è solo un'indagine conoscitiva".
"...Saltuariamente".
"Va di corpo regolarmente?".
"Io?".
"Benfica o Sporting Lisbona?".
"Sporting".
"Ammazza che fallito! Ma mi complimento per la coerenza".
"Dange".
"Cerca lavoro o ha già rinunciato?".
"Ho fatto un concorso per diventare Mr. Lui, ma non ero troppo preparato in filosofia tomistica e mi sa che è andato a puttane [il concorso, non Mr. Lui]. Ci riproverò l'anno prossimo".
"Va bene. L'intervista è terminata. Grazie per avermi fatto capire che al mondo c'è chi sta peggio di me. E consideri che io sono in attesa di estradizione verso l'Uzbekistan, ho due figli drogati e due iscritti a Comunione e Liberazione, se vado allo zoo le scimmie mi tirano il cibo (e le posate) e mi vesto con gli aiuti della Caritas della Guinea Equatoriale".
"Fa piacere sapere di essere utili".
"Le ritelefoneremo tra tre anni, carissimo dottore, quando le sue restanti illusioni si saranno sgretolate, il suo fisico sarà segnato dalle gravidanze isteriche e si sarà adattato ad un lavoro al call-center della Samsung. Anzi, le conviene imparare il coreano, perché assumono solo a Pusan. Vuole aggiungere qualcosa?".
"Italia 1?".

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17 ottobre 2006

Sulle passerelle di Milano, quest'anno avere ragione è cheap

Lo sapete cos'è un trend-setter? No, non c'entra niente con questo. Si tratta invece di un termine "usato nel linguaggio comune per indicare una persona, un luogo o un evento che creano una 'tendenza' (in inglese trend), una moda...", così dice l'Accademia della Crusca.
La Turchia è un ottimo trend-setter. Ad esempio nel 1915 lanciò la grande stagione del genocidio. E c'era un posto in prima fila per tutti! Poi si sa come vanno le cose, le belle invenzioni trovano sempre un sacco di repliche, alcune anche stucchevoli. Si può capire che i governanti turchi, per modestia o perché non volevano avere niente a che fare con tutti quei volgari grassatori di idee altrui, un bel giorno cominciarono perfino a fare di no con la testolina, quando arrivava qualche fan che voleva l'autografo; a dire che no, loro con il genocidio degli armeni non avevano niente a che fare. Che bei tomi! Ma c'era da capirli, d'altra parte. Proprio per evitare fastidi, un bel giorno si decise anche che di tutta la faccenda non si sarebbe più parlato; bisognava schermirsi, dire che gli armeni avevano fatto tutto da soli, erano caduti in un fosso mentre giocavano a rimpiattino. Un milione e mezzo di persone, tutti nel fosso. Ma i noiosissimi francesi -questi europei occidentali imbolsiti dal denaro! lontani mille miglia dall'impulsiva e giocosa natura dei levantini!- se ne fregano della ritrosia e, in ossequio alle leggi sul diritto d'autore, si preparano a punire legalmente chi non riconosce l'esistenza e la paternità di una così notevole realizzazione dell'ingegno umano. Per fortuna qualche europeo ha capito tutto e vuole lasciar correre. Che bisogno c'è di star sempre lì a fare i pignolini? Che sarà mai? Tanto nel 2006 tutti quegli irsuti mediorientali sarebbero morti comunque, o volevano campare 130 anni? Oltretutto i System of a Down hanno rotto i coglioni, e questo chiude ogni discorso.

Quindi, se vi capita di trovarvi dalla parte della ragione, non state lì a precisare, a piccarvi, a criticare. A nessuno piacciono i secchioni, tutti vogliono le pupe. Se vostra nonna è stata rapita e portata in un harem, e i vostri prozii impiccati, lasciate stare: stiamo cercando di mangiare. Oltretutto oggi il TG5 parlava di Zùmbolo, il povero cane senza la zampa anteriore destra e posteriore sinistra, ma con due occhi così grandi! e tristi! Che storia lacrimevole. Non ci servono proprio altre melanconie. Basta: sedetevi, fate un bel respiro, e dimenticate tutto ciò che avete letto e studiato. La tendenza del 2006 è l'oblio, e non c'è motivo di credere che prossimamente la moda cambi.

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15 ottobre 2006

Le ultime dai paesi civili

Calcio: Serbia, 37 ultras arrestati per razzismo

BELGRADO - Trentasette tifosi arrestati per aver insultato un giocatore di colore durante una partita del massimo campionato di calcio in Serbia. E' successo ieri sera durante la gara tra Borac e Vozdovac, i cui tifosi hanno insultato Mike Tamvanyeri, giocatore originario dello Zimbabwe. Dopo una notte in carcere, 29 persone sono state rilasciate mentre 8 sono rimaste in carcere perche' devono rispondere dell'accusa di aver "diffuso odio razzista durante un evento sportivo". (Agr)

Controllate pure, non mi sono inventato nulla.

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13 ottobre 2006

Nuove dispense di Storia Moderna

Ero lì che sedevo e miravo interminati spazi di là da quella, quando qualcuno si mise a lanciare dei sassolini contro la mia finestra. Trasecolai. Chi poteva essere? Forse un malintenzionato? Forse il governo Prodi? Nel dubbio non aprii, perché il direttore de Il Resto del Carlino mi aveva messo chiaramente in guardia contro entrambi questi pericoli nel suo ultimo editoriale, "Lo scandalo della tassazione e la minaccia dei negri". Mi congratulai mentalmente con il quotidiano che così bene protegge e consiglia noi benpensanti, e mi rimisi giù a leggere le ricette di cucina di Gilles de Rais (o Retz, all'epoca le lingue romanze erano ancora un po' indefinite). Per cui stavo lì tutto preso a trafficare con la noce moscata e l'evocazione di un demone, quando suonarono alla porta. Per fortuna ho il videocitofono, ed ebbi l'opportunità di osservare bene il tipo losco che ciondolava davanti all'uscio. Le Adidas Samba nere, i Levis 501 bianchi risvoltati, l'harrington scuro della Fred Perry, tutto concorreva a dargli l'aspetto classico di uno skinhead. Tuttavia, la folta barba chiara chiara, quasi una nuvola di punti se le immagini statistiche vi sono familiari (sennò, fate conto che fosse una porzione di zucchero filato), mi indicò che si trattava senza dubbio di Leone Tolstoj o di Papa Gregorio XIII, o perlomeno dei loro fantasmi. Scartai subito il primo, che com'è noto non credeva in Dio e dunque è all'Inferno a leggere Baricco mentre il Signore lo schernisce, e feci entrare l'onorata salma del Pontefice. Mi astenni tuttavia dal baciargli le Adidas, per una questione di etichetta che non starò a spiegarvi. Gregorio XIII si guardò intorno, intimorito. Era evidente che c'era qualcosa che gli toglieva il sonno. Eterno.
Si gettò su una poltrona e cominciò a parlare.
"E così, ti interessi di Età Moderna".
Provò ad accarezzare il gatto, ma la mia bestia ha da sempre un rapporto difficile con gli skin: si divincolò e fuggì, restando ad osservare quello strano vecchio dalla ringhiera delle scale che portano di sotto.
"Già", feci io, "all'inizio volevo fare Scienze del Modellismo a Camerino, poi mi sono accorto che la colla mi rimaneva sempre sui polpastrelli e me li screpolava. E ho mani troppo belle per rovinarle montando la mitragliatrice di un triplano Fokker".
"Sì, va bè, questi vaneggiamenti da finocchio non mi interessano. Lo sai che giorno è oggi?"
"Il 13 ottobre".
"Lo sai che nel 1582 questo giorno non c'è stato? Pensi di essere migliore di Tonino Carotone?". Ora il suo tono era divenuto sprezzante.
Non sapevo a quale domanda rispondere prima, dunque rimasi in silenzio e attesi. Lo scioglimento dell'arcano non si fece attendere: Ugo Buoncompagni da Bologna, meglio conosciuto con lo streetname di Gregorio XIII, fece scorrere la zip dell'harrington, mostrando un grosso malloppone di carta. Sulle prime non lo riconobbi. Quando però lo svolse e stirò ben bene, capii che si trattava del calendario 2007 di Elisabetta Gregoraci. Tutto il resto però non lo compresi.
"Santità", lo implorai, "ho un paio di vinili dei Madness e una maglietta del Man City che ritengo le piacerebbero; ma per il resto non so proprio in che maniera io possa esserle utile". Volevo anche dire "Oi!" oppure "Amen", ma temevo di risultare artificiale ed adulatorio.
Mi guardò in tralice, stupito o spazientito che fosse.
"Questa donna porta il mio nome, lo capisci questo?".
"No, Santo Padre morto, lei si sbaglia*: i cognomi italiani sono normalizzati da secoli, ormai, e supporre una relazione tra il suo nome ed un cognome simile è del tutto arbitrario e antistorico". Ecco il mio trionfo, alfine!
"Così tu sostieni che costei non mi manca di rispetto col mostrare le sue grazie anche nei giorni che, a suo tempo, espulsi dal calendario cristiano?".
"Elisabetta Gregoraci non ha mai mancato di rispetto a nessuno. Ella è bella e santa e casta e virginale, o almeno questo hanno detto ieri a Studio Aperto in un'edizione straordinaria".
"Allora ti chiedo scusa, Figlio Mio, e anzi ti ringrazio per la pazienza che hai avuto nell'ascoltare e consigliare questo povero vecchio, per di più deceduto da più di quattro secoli". Si rizzò in piedi con l'agilità di un seminarista inseguito da un sacerdote del New England, e fece per porgermi la mano. Io mi avvicinai per dargli la mia, ma lui prese il mio polso, mi strinse il braccio dietro la schiena e mi atterrò con una ginocchiata ai garretti. Poi frugò nella mia libreria e se ne andò con un paio di volumi, baldanzoso per quella bravata. Fuori lo attendevano Pio V e Urbano VIII in una Golf metallizzata. Ufficialmente dovevano riaccompagnarlo in Paradiso, ma le vibrazioni del subwoofer mi facevano pensare che di tornare a casa se ne sarebbe parlato solo alle prime luci dell'alba, ben dopo la fine del concerto di Rosalia de Souza. Io mi rialzai, dolorante, e cercai di capire che roba mi avesse portato via il Papa (che pure ebbe l'indiscusso merito di riordinare il calendario giuliano).
Mancavano solo "L'annuario del calcio dilettantistico marchigiano 2002" e "La scopa del sistema" di David Foster Wallace. In pratica mi aveva fatto spazio in libreria eliminando un po' di merda che io non mi decidevo a buttar via. La Chiesa Cattolica agisce sempre per il bene, aveva proprio ragione Stepinac.

*Essendo vissuto prima di Pio IX, può farlo.

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08 ottobre 2006

A proposito di rievangelizzare l'Europa

Mio nonno, oggi:"(...)E quando parto [muoio] non vi azzardate a portarmi in chiesa, perché se è vero che si ritorna vi ammazzo tutti".

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06 ottobre 2006

La donna italiana e la vagina come mezzo (ovvero della stupidità del maschio italiano)

Oramai l'hanno capito anche forme di vita francamente abiette come i Lacuna Coil*, che il mondo gira solo perché ci sono le donne e solo perché le donne sono fatte nella maniera in cui son fatte. E' evidente che veniamo tutti da una vagina: io, voi, persino Cristiano e Astutillo Malgioglio. Non stupisce quindi che siffatto articolo sopravviva ad ogni moda (anche su ebay), restando sempre un oggetto più o meno di culto per le giovani generazioni. Chi ce l'ha, la vagina, la tiene stretta finché può; chi non ce l'ha la cerca con sempre maggiore insistenza. E qui veniamo alla peculiarità italiana: se nella maggiorparte dei paesi civilizzati la vagina costituisce bene voluttuario, soggetto più che altro a baratti temporanei, in Italia essa assume sovente la condizione giuridica e sociologica di bene-rifugio. Mi spiego meglio: le fortunate possessore (sing.: possessora, anche se presumo si debba parlare più che altro di proprietà) non si limitano a scambiare il proprio bene con altri certamente non equivalenti in sé, ma in ogni caso necessari alla finalizzazione dell'atto; esse procedono invece alla cessione solo in presenza di contropartite quali denaro (non certamente liquido, non stiamo parlando di basso meretricio) o meglio ancora prestigio sociale. Tutto questo si distanzia enormemente dalla consuetudine europea, in cui la contrattazione segue più o meno il canovaccio:"Ti va se stiamo bene insieme?", con relativa risposta "Sì/No" e morta lì; in Italia la Chiesa Cattolica, il dolce stil novo, il culto della mamma, la ben nota furbizia (leggi: stupidità) latina e varie altre disgrazie hanno fatto sì che ciò che è in fondo il pezzo di carne più naturale di questo mondo divenisse il Bafometto per il quale blandire ogni ritardata con parole di miele e corteggiare ogni rudere descrivendola bella come Sofonisba la Numida. Noi sbavanti, noi petulanti, noi fastidiosi, noi molesti, siamo noi l'alfa e l'omega di questa assurda situazione. Noi. Quindi siamo noi anche quelli che dovranno muoversi, presto però, perché l'aria che tira non è quella del progresso civile e religioso, per tagliare il nodo da noi stessi creato e donare alle nuove generazioni più sesso e più giustizia. Pura economia politica, cari i miei maschietti: quando noi smetteremo di offrire così tanto, le nostre amatissime donne potranno smettere di dare un valore sociale al loro amore, e vivremo tutti in un mondo migliore, con meno frustrazioni, meno tensione, meno violenza su donne e ragazze, più pace e più uccelletti cinguettanti. Ah, c'è anche la morale, ed è questa: è sempre al Nord che bisogna guardare, se si cerca la civiltà.

*Siamo tra l'altro in possesso di un nastro che documenta una discussione tra i suddetti Lacuna Coil, incerti sulle cause del loro ovvio insuccesso e intensamente volti a porvi rimedio. Eccone la trascrizione fedele.
Personaggi: i 5 orrendi componenti maschili del gruppo, Fuschio, Pluto, Starimost, Cucchiaio e Monofisita, più la componente femminile, che qui chiameremo Figa Paurosa.
Fuschio:-Non capisco come mai non facciamo successo. Eppure gli ingredienti ci sono tutti: look impresentabile, musica morta da venticinque anni, schitarrate staccapalle ad ogni pié sospinto, depressione a piene mani per adolescenti cretini però influenzabili... Che cazzo, oh, ma perché non siamo ancora Presidenti del Paraguay?
Pluto:-A mio parere serve più depressione. Che merda la vita.
Monofisita:-Sono d'accordo con Pluto.
Pluto:-Lo dici solo per farmi contento.
Cucchiaio:-Ho un'idea fantastica: che ne direste se mettessimo tre batterie, mangiassimo cani non del tutto mantecati, invadessimo il Belize e spengessimo le candele con il culo? La gente parlerebbe di noi, e ogni cretino sa che la notorietà, di qualsiasi genere sia, è la base del successo.
Monofisita:-Io non lo sapevo.
Starimost:-E se invece puntassimo sulla nostra immagine? Ad esempio tutti i video che abbiamo fatto in passato, quello con i peli pubici di un giardiniere inquadrati da un elicottero della Forestale, quello in cui vari idraulici lottano a morte in un seminterrato, l'altro in cui censiamo gli abitanti della Tracia su ordine di Siri Selim, quello in cui andiamo in moto tutti strafottenti e ci finisce la benzina prima di arrivare a Piobbico, ebbene tutti questi video li rifacciamo semplicemente puntando la telecamera addosso a Figa Paurosa tutto il tempo. Tipo Camera Cafè, ma senza coglioni (quindi noi non appariamo).
Fuschio, Pluto, Cucchiaio e Monofisita (in coro):-Non sia mai; ne va della nostra integrità artistica.
Starimost:-Ma faremmo un sacco di soldi!
Fuschio, Pluto, Cucchiaio e Monofisita (in coro):-Chiamiamo subito il regista.
Figa Paurosa (entra nella stanza. Indossa un babydoll e sta succhiando distrattamente un lecca-lecca. Lo so che è solo un nastro, ma si capisce uguale):-Che fate di bello, ragazzi?
Starimost (puntando la telecamera):-Puoi toglierti un attimo le mutandine? E' per una nobile causa (l'arricchimento, ndr)!

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