31 luglio 2006

Il punto della situazione

1)Non ho capito se ho ancora la ragazza o non ce l'ho più. Ieri le ho risposto onestamente alla domanda a cui mai si dovrebbe rispondere onestamente (almeno se si vuole essere coerentemente italiani), ossia "Sei innamorato?". Eravamo a letto. La mia risposta negativa ha avuto il curioso effetto di far passare in un nanosecondo la sua temperatura corporea da 36,5 gradi Celsius a 0 Kelvin. Comitive di scienziati sono immediatamente giunte dai principali centri di studio europei (Dresda, Ginevra, Lione, Viserbella, un paese di zingari violinisti in Romania di cui ora mi sfugge il nome) per toccare con mano il raro fenomeno, mentre comitive di pezzi di merda, saliti a sbafo sui charter degli scienziati, si accalcavano intorno alla mia salma sbattendo tra loro, al mio indirizzo e con chiari intenti di scherno, le prime tre dita della mano sinistra. Fatto sta. Oggi le ho spiegato le ragioni per cui non potevo mentirle e per cui, soprattutto, non posso permettermi di innamorarmi per poi lasciarla il mese prossimo; e rivederci forse tra qualche mese, forse tra un anno, forse mai. Credo che abbia capito, e d'altra parte io sono stato molto fiero della mia onestà e sono contento di non avere una palla di schifo e senso di colpa che mi gira nel petto. (C'era un racconto di Gianni Rodari, credo, che avrò letto quando avevo dieci anni, in cui si parlava di uomini fatti di cristallo: per cui la malvagità e il dolore e i pensieri brutti erano sempre visibili a chiunque, sotto forma appunto di palla scura e -si presume- lurida. Io sono un uomo di cristallo, sotto molti aspetti). In ogni caso stanotte dormo da solo.

2)Volevo fare i complimenti alla giustizia sportiva italiana, che ci consente di ricevere i complimenti da tutta Europa per la severità e la coerenza con la quale trattiamo gli scandali del nostro calcio. Avevano appena finito di rompere i coglioni con Materazzi, adesso mettiamoci queste sentenze e altre due-tre settimane di apprezzamenti sono assicurate. Cominciate a pensare qualcosa per fine agosto, però, non vorrei restare a secco mentre organizzo il mio ritorno.

3)Le feste tedesche sono bellissime, secondo me. Le donne con i dreadlocks biondi e la maglia a righe, poi, sono di un'altra categoria, né ho intenzione di tralasciare birra e gastronomia tipiche. Certo, ogni tanto sono davvero eccessivamente tedeschi: oggi me ne stavo lì con la mia boh a sentire un simpatico artista di strada, cantante e improvvisatore (io ovviamente capivo poco, ma apprezzavo), quando sono arrivati l'equivalente crucchesco dei vigili urbani a consegnare un verbale al suddetto artista, reo di aver lasciato il proprio veicolo non so in quale luogo strettamente proibito. Due o tre canzoni di tolleranza, sotto lo sguardo vigile (appunto) e per nulla ironico delle guardie comunali, poi l'artista è stato gentilmente ma prestamente accompagnato a spostare il suo mezzo. Io e la tipa siamo andati a casa, domani lavoriamo (io sono stato precettato in un girone dell'inferno non tra i più carini; anzi, buonanotte).

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28 luglio 2006

In pizzeria, anelando alla morte

I più colti tra voi avranno presente il film in cui Andrea Roncato interpreta da par suo, con la sensibilità e la credibilità intensa che gli conosciamo, l'amara parabola di un bomber sulla via del declino, Margheritoni. Ad un certo punto la pellicola, con ambizione ma coscienza dei propri mezzi, affronta anche il tema dell'emigrazione: Margheritoni è in Germania, in una pizzeria dove ha occasione di incontrare i nostri connazionali che cercano nel calcio, nella possibile vittoria della Marchigiana sull'Eintracht Francoforte, quel riscatto sociale che né le lotte per l'integrazione né l'orgoglioso rivendicare la propria identità sono riusciti a riaffermare.

Ecco.

Ieri grossomodo sono stato in quella pizzeria. In realtà no, sia chiaro che ero in un'altra città ed altro posto, ma mi è venuto in mente Margheritoni e l'ho invidiato. Lo invidiavo, mentre guardavo ed ascoltavo gli italiani che affollavano il locale e lo riempivano della loro calda, rumorosa, eccessiva, fastidiosa e francamente insopportabile vitalità. Avete presente quei bei bambini obesi ed urlanti, con la canottiera costellata di schizzi di pomodoro, perché ovviamente si mangiava pizza e pasta (tutte e due, non o l'una o l'altra cosa)? Sì? Bè, quelli c'erano. Avete presente il cantante di arie napoletane e d'opera, con viva preferenza per Verdi nel suo periodo tamarro? C'era. Avete presente le tavolate affollate e canterine, con signore taglie forti, ma anche molto forti e fortissime, che sussurrano pettegolezzi -ad un volume appena udibile da un sordo immerso in un torrente, a 2 km in linea d'aria- e relativi mariti che con garbo tutto latino afferrano gli avambracci dei camerieri interrogandoli timidamente Capo, quando arriva štu tiramisù che è un quarto d'ora che ce l'ho ordinato? C'erano anche quelle. Il tutto a 160 decibel di media, per due ore e passa. La prossima volta metto nel lettore la compilation Manchester d'Italia 2006: da Terni a Soho, le migliori hit dal mondo delle presse industriali per acciai microlegati ad alto snervamento e mi tengo le cuffie finché non crollano per sfinimento. Dicevo: ho invidiato Margheritoni, e lo ripeto. Soprattutto perché il suo era solo un film.

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27 luglio 2006

Cambiamenti

Ho mutato la veste grafica, come si dice in questi casi. Mi va di tuffarmi un po' nell'azzurro che fino a settembre non vedrò, perché nella Mitteleuropa ci sono ottimi insaccati, scrittori vivi e morti ma comunque bravi, donne di bellezza sconvolgente, uomini onestamente assai belli anche loro, piste ciclabili, chiese gotiche per lo più ricostruite e tante altre cose che ora non ricordo ma che comunque ci sono e sono gradevoli ed utili, però un mare non c'è. Potrei andare a Lubecca a gelarmi le palle, come omaggio a Thomas Mann, ma per chi cavolo mi prendete? Piuttosto vado a Kiel a tirare i sassi alle fiancate delle navi da guerra della Marina Tedesca, e vedo se reagiscono radendo al suolo un paio di quartieri di pregevoli case dai tetti a punta. Così, per punire giustamente il terrorista (me, con i miei sassi aguzzi e la mia protervia. Magari mi porto una bandiera e ci scrivo "Allah è bravino e Maometto una volta m'ha anche regalato 5 euro", tanto per accreditare la pista islamica). Ma non volevo parlare di Kiel, né di jihadismo marchigiano. Volevo dire che, nonostante scriva scemate che farebbero sospettare il contrario, io qui mi sento un uomo. Sono definitivamente cambiato dentro, credo, e credo anche che sia irreversibile. Sto fuori, conosco gente, lavoro, mi organizzo da me e devo organizzarmi per il meglio: qualsiasi ritorno ai tempi delle comodità familiari, che peraltro io non ho mai vissuto in maniera eccessiva, ormai sarebbe una sconfitta. E siccome non voglio perdere, c'è gente che mi offre un lavoro, preferibilmente in Franconia? Non lo so cosa so fare. Voi offrite, io poi rispondo onestamente se sono in grado di venire incontro alle vostre esigenze o se potete andare a scopare il mare voi e i vostri amici delle colonie montane sul Passo Rolle, quando eravate bimbetti dalle carni rosa e non capivate un cazzo. Ma almeno avevate l'alibi di essere bimbetti.

P.S. Anche oggi ad una cena è venuto fuori l'argomento "Gattuso". Ora ho Gattuso utile, Gattuso bello, Gattuso calabro, Gattuso combattivo, Gattuso jonico, Gattuso gentile, Gattuso eroe, Gattuso scoto, Gattuso paradigmatico, Gattuso sensuale, Gattuso tenero, Gattuso sagace, Gattuso coerente, Gattuso onesto, Gattuso in mutande, Gattuso al mare, Gattuso intento a raccogliere la frutta dagli alberi (questa l'ho sentita proprio oggi), Gattuso comunista, Gattuso vago, Gattuso infantile, Gattuso Re. E' incredibile come ognuno possa costruire un suo Gattuso, a seconda dei tratti che vuole vedere ed evidenziare. Ma chi è quest'uomo?

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26 luglio 2006

What's in a woman's mind

Oggi sono stato in giro per la città con un'amica, una tipa croata che ho conosciuto un paio di mesi fa in uno dei locali più tristi del mondo (immaginate un luogo in cui dei tedeschi ballano musica afro-cubana, o roba simile, non me ne intendo molto: non so se esiste l'inferno, a me comunque non fa più paura). Fatto sta che oggi questa tipa era in triste fibrillazione perché ha da poco troncato una relazione con un siberiano. Mi ha raccontato un po' del siberiano. Io ero interessato alla vicenda come lo sono alle iniziative del governo danese per la diffusione della cultura scandinava nell'Africa Australe, ma non potevo scappare né schiaffeggiarla e quindi ascoltavo.
I-Sul garbo del siberiano. Una volta la mia amica e il tipo vanno in una cittadina d'arte, qui vicino. Lui è indicibilmente gentile e le paga tutto.
Lei gli fa:"Ma perché paghi tutto tu?".
"Con le donne si fa così". Rozzo, ma ancora accettabile? Passiamo a
II-Sull'alimentazione del siberiano. "Sai", mi fa lei, "lui non mangiava i panini. Non mangiava pane in generale, per via dello zucchero".
"Eh?". [Anzi, visto che sono qui avrò detto così]: "Äh?".
"E non mangiava la carne e non beveva la birra".
"Beh, l'alcool in generale...".
"No. Beveva solo vino rosso e tè". Notoriamente il vino rosso è privo di zucchero, già. Mah.
..."Io però di lui so solo cosa mangiava a colazione: tè e miele".
Miele senza pane. Credo lo spalmasse sul dorso della mano e poi lo leccasse.
III-A letto col siberiano."E poi mentre eravamo a letto insieme lui mi fa:-Ma questo lo hai già fatto con altri uomini? Perché io con altre donne non l'ho mica fatto!".
"...".
"E allora fa una faccia, ma una faccia!".
"Mmh".
"E poi mi chiede quanti uomini ho avuto. -E tu me lo dici quante donne hai avuto?, gli faccio. -No, risponde".
"Capisco, sì".
"E allora io gli dico che non ho mai avuto relazioni lunghe e che trovo del tutto normale che abbia avuto esperienze con diversi uomini".
"Chiaro...".
"E allora fa una faccia, ma una faccia!".
"Sai S., è che gli uomini hanno sempre paura dei paragoni" (ogni tanto anch'io dico qualcosa d'intelligente. Più di tutte le cose, mi piace svelare alle donne i segreti della nostra rozza mente maschile; mi ci diverto un sacco).
IV-Chiarezza e correttezza del siberiano. "Sai, lui aveva un diploma di medico riconosciuto in Germania, però mi ha detto che poteva esercitare solo in una clinica qui a Norimberga, non a Fürth, non da altre parti".
Interessante. Non sapevo che tra i poteri del comune di Fürth ci fosse anche quello di ignorare le leggi tedesche.
"E poi lui mi diceva che comunque non aveva ancora il permesso di lavoro. Però la casa gliela pagava il fondo per la disoccupazione. Può essere che sia registrato nelle liste di disoccupazione uno che non ha neanche il permesso di lavoro?".
Come no, c'è un'apposita legge che lo prevede. Si chiama Tutela e promozione dell'infingardaggine sul territorio federale.
"E una volta ho visto che aveva anche il passaporto tedesco. Ma se è uno è tedesco come fa a non avere il permesso per lavorare in Germania? Lui mi ha risposto che era un'eccezione [sic]".
"...".
"E senti un'altra cosa strana: ho scoperto che ha cambiato nome. Si chiamava Dmitrij, ha cambiato in Michael per integrarsi più facilmente tra i tedeschi".
"Confondersi?"
"Integrarsi".
"...Avevo capito male, scusa".
"Ancora una cosa strana: fin dall'inizio mi diceva sempre, trovati un altro uomo, stammi lontana, con me non hai futuro... Questo è tipico dei criminali".
Ecco, io adoro le donne quando fanno così. Quando prendono il cervello e lo buttano in un termovalorizzatore, intendo.
"Dei criminali, S.?".
"Sì!".
"...O di quelli che hanno già una donna".
Silenzio. Rumore di un cuore che si incrina.
"Può essere. Ma mi ha detto che, poco prima che lui mi incontrasse, la donna con cui aveva anche convissuto tre anni gli aveva semplicemente telefonato dalla Siberia e lo aveva lasciato di colpo, dall'oggi al domani".
"Certo, è possibile che sia successo così e quindi lui sia un po' disilluso. Oppure che lui abbia telefonato alla donna in Siberia. Oppure che nessuno abbia chiamato nessuno".
"Ma perché doveva dirmi una bugia?".
"Un'altra, intendi?".
Il suo treno sta per partire. Mentre ci salutiamo le dico due parole vaghe e rassicuranti sulla sua esperienza. I suoi occhi mostrano d'un tratto un luccichio fugace. Lo ama. Lo ama ancora. Ha capito tutto, e lo ama ancora.

Anch'io vi amo tutte, ragazze e donne (le donne di più). Questo post è un tributo a voi, al vostro orgoglio e, già che c'ero, ai vostri abissi più ignoti e inconoscibili.

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25 luglio 2006

Un modesto contributo

Non parlerò direttamente di quello che sta succedendo in questi giorni in Libano, perché c'è chi lo fa in maniera assai migliore di come potrei farlo io e anche perché non su tutto ho le idee molto chiare. Sono pieno di dubbi, e questo mi rende orgoglioso. Di una cosa sono però certo: la "superiorità morale" di Israele, quel suo agire etico che credo gli abbia guadagnato nel tempo le simpatie di molte persone che proprio nell'etica cercano la chiave di tutto (e io sono tra questi), verosimilmente non esiste più. Mi addolora constatare che Israele, che non riesce a diventare uno Stato come gli altri nel senso banale del termine, è ormai divenuto "uno Stato come gli altri" nel senso più deteriore. Ho pensato che, visto che di analisi politiche se ne trovano a bizzeffe, fosse più interessante riportare un altro tipo di riflessione. L'ha scritta Gilad Atzmon più di un anno fa. La traduzione italiana l'ho trovata sul sito di Maurizio Blondet (www.effedieffe.com). [e poi venite a dirmi che ho preclusioni intellettuali]. Il titolo di Blondet è provocatorio ma infedele, dato che quello vero è "Sit in the dark". L'originale sta qui, ma non mi pare ci siano grossi tradimenti nella traduzione.


PSICHIATRA DEGLI ELETTI
Gilad Atzmon
02/04/2005

Penso che conosciate la vecchia barzelletta ebraica: come fa una mamma ebrea a cambiare una lampadina? A questo punto bisogna fare la voce stridula, con l’accento tedesco di una vecchia madre ebrea e dire: "non preoccupatevi per me, io me ne starò qui al buio".
Come vedete, la mamma ebrea incarna l’essenza dell’esistenza ebraica oggi. Essere ebreo significa "starsene al buio", fare la vittima e compiacersi dei propri sintomi. Se analizziamo questa strana tendenza alla luce del principio del piacere di Freud, potremmo dedurne – sbagliando – che la mamma ebrea trova piacere nell’infliggersi dolore. C’è anche chi diagnostica alla mamma ebrea un masochismo mitico. In realtà, è il contrario. La madre ebrea non gode di soffrire; la barzelletta rivela un messaggio molto diverso. La mamma ebrea, invece di migliorare la sua condizione, invece di leggere piacevolmente The Jewish Chronicle alla luce, "se ne sta al buio" per indurre rimorsi e sensi di colpa nell’Altro, chiunque l’Altro sia. Di solito è il suo amato kind (figlio), ma può essere il suo compagno, il vicino, il banchiere svizzero o anche le Nazioni Unite. La mamma ebrea "se ne starà al buio" fino a quando qualcuno sarà disposto a sentirsi colpevole perché lei è al buio.
Essere una vera mamma ebrea significa sfruttare ogni giorno l'intero vocabolario della vittima. Ma non è la mentalità vittimista della mamma ebrea ad occupare il centro dell'identità giudaica di oggi. Come sappiamo, molti di coloro che si definiscono ebrei non sono proprio religiosi. Alcuni sono anche atei. Molti dei nostri amici ebrei sono tutt'altro che sionisti (almeno è ciò che dicono) alcuni sono persino anti-sionisti, ma l'essenziale è che, una volta che l'ebreo abbandona il suo stato di vittima, diventa un essere ordinario e noioso. Essere ebreo significa credere nell'olocausto, significa aderire a una narrazione storica costruita attorno a saghe di spietate persecuzioni e angherie senza fine. Essere ebreo significa credere che tutta questa sofferenza non è affatto finita: un nuovo olocausto può essere scatenato domattina, non domattina ma oggi, in questo stesso minuto. Essere ebreo significa stabilirsi in una condizione di autoimposta paranoia. Così, essere ebrei significa pensare in termini di "noi e loro" anziché semplicemente in termini di "stare fra gli altri". Essere ebreo significa credere che l'antisemitismo è una tendenza irrazionale, un sintomo intrinseco all'esistenza “gentile”. Ma chi sono i “gentili”? I “gentili” sono la famiglia umana, sicché si deduce che essere ebreo significa credere che la famiglia umana si comporta irrazionalmente, almeno verso gli ebrei.
Che cosa c'è di così attraente nell'essere una "vittima"? La gente di solito si vergogna quando viene accusata di fare la vittima o di essere paranoica. Ma con gli ebrei questo in genere non accade. Un ebreo, se viene accusato di fare la vittima, si offende: anzi, percepisce quest'accusa come un'aggressione antisemita, per non dire una forma di "negazione dell'olocausto". Nell'autoconsapevolezza ebraica, essere vittima non è un atto, è uno stato dell'essere. Nella concezione del mondo dell'ebreo contemporaneo, gli ebrei sono i soli veri e definitivi sofferenti. Come non bastasse, il fatto che sono loro "i veri, reali e soli sofferenti" è oggi imposto in forza di legge. Semplicemente dubitare di questo fatto può trascinarvi davanti a un tribunale. Se per caso siete un giovane storico e vi succede di mettere qualche dubbio su alcuni fatti riguardanti l'ultimo giudeocidio nazista, finirete probabilmente in galera, o espulsi dalla vostra cattedra universitaria.
Per quanto riguarda la famiglia ebraica, la strategia della mamma ebrea risulta molto efficace. Starsene al buio "rende". La mamma ebrea mantiene così la sua totale egemonia sulla cellula familiare: è per lei che il figlio ebreo, colmo di sensi di colpa (la sua vittima principale) sceglierà gli studi di medicina o di legge solo per non farla infelice. Riporterà i massimi voti solo per alleviare lo "starsene al buio" di lei. Quando finalmente capirà che la vera vittima è stato lui, sarà pronto per subentrare nello studio professionale di papà o, in ogni caso, troppo vecchio per ribellarsi. A quel punto lui stesso diventa una vittima e il resto del mondo deve sentirsi colpevole per lui. Ma in tal modo non diventa felice, anzi: piuttosto che stare fuori nel mondo, uno fra gli altri, egli viene spinto indietro nel ghetto, legato per il resto della vita da un legame tribale. Ironia: ciò ne farà un carattere neurotico ma anche un contabile o uno psicanalista eccezionalmente bravo.

E' un meccanismo di successo nella famiglia ebraica: i genitori si sobbarcano volontariamente qualche sofferenza insignificante, perché in cambio la generazione dei figli, divorati dai rimorsi, portino a casa voti eccellenti. Ma il problema nasce quando questo meccanismo va oltre la famiglia ebraica, o oltre la comunità ebraica auto-segregata. In realtà, dopo la seconda guerra mondiale, tutti gli affari ebraici sono basati su questa filosofia. E' questa la trama nascosta dietro l'ambigua rappresentazione del legame contemporaneo, e della complementarietà, di ebrei e cristiani: l'ebreo insiste che lui è la sola e definitiva vittima e il mondo cristiano abbraccia con entusiasmo l'opportunità di celebrare la sua colpa. Per quanto strano sembri, nel 1948, mentre gli ebrei facevano la pulizia etnica della popolazione palestinese, l'Occidente "colpevole" celebrava "l'eroismo ebraico". Accadde lo stesso nella miracolosa vittoria israeliana del 1967. Da molti anni la "colpa" è divenuta il centro del cieco sostegno di Israele da parte della sinistra parlamentare europea. Per quanto sia sgradevole, l'identità ebraica odierna è modellata sul recitare la parte della vecchia mamma ebrea, e la sinistra parlamentare europea assume il ruolo del figlio ebreo divorato dal senso di colpa. Date uno sguardo alla politica britannica d'oggi: Tony Blair, il “gentile” colpevole, ancorchè capo di un partito che un tempo era socialista, ora sostiene apertamente uno stato razzista, nazionalista, colonialista e borghese. Michael Howard, della stessa parte politica, essendo un ebreo secolarizzato, non si cura di condividere con noi qualche illuminazione spirituale ebraica: gli basta raccontarci ancora una volta della sua nonna ebrea, la vittima dell'olocausto.

Sto parlando dell'identità ebraica, più precisamente della coscienza che l'ebreo ha di sé. Sto cercando di scoprire con che cosa si identifichino gli ebrei laici quando si definiscono ebrei. Direi che a dare una risposta sono due scuole ideologiche: il sionismo è una, e l'altra il progressismo di sinistra ebraico.

Cominciamo con la scuola sionista.

A causa del risveglio dei nazionalismi in Europa nel 19mo secolo, alcuni ebrei decisero che l'ebraicità è in realtà una manifestazione di un'aspirazione nazionalista. Ma mentre il nazionalismo europeo era intrinsecamente soggetto alla terra in cui la nazione viveva, la terra patria, il nazionalismo ebraico era basato su una pura fantasia. Lo slogan sionista allora diceva: "una terra senza popolo per un popolo senza terra". Oggi alcuni storici ridicolizzano la suddetta asserzione avendo dimostrato oltre ogni dubbio che la Palestina era affollata da un popolo palestinese; ma il vero guaio di quello slogan è che un "popolo senza terra" non potrà mai creare un naturale, autentico nazionalismo. Il sionismo era, ed è ancora, infondato come sarebbe infondata, per esempio, una pretesa italiana sulla proprietà dell'Inghilterra basata sul fatto che l'Inghilterra fu un tempo parte dell'impero romano. Il nazionalismo ebraico è stato sempre una fede utopica e ideologicamente infondata. E' un movimento nazionalista invalido, per il semplice fatto che gli ebrei non sono una nazione. E tuttavia, il sionismo era il segno di un cambiamento, nel senso che gli ebrei decisero volontariamente di abbandonare il loro fato di vittime, di diventare gente "normale", gente che ama la sua terra, un popolo che si coinvolge nella natura e vive nella natura. I sionisti desideravano riscattarsi dallo stato di vittimismo, volevano prendere il proprio destino nelle proprie mani. Questa percezione è durata fino al 1967; fino ad allora i sionisti consideravano se stessi come prodi, autosufficienti colonizzatori. E fino al 1967 l'olocausto aveva solo un ruolo strumentale, era qualcosa da capitalizzare piuttosto che una tragedia immane. Anzi, per la generazione dei miei genitori, l'olocausto era qualcosa di cui vergognarsi: l'immagine del "gregge che si fa portare al macello" li riempiva di disprezzo per tutto ciò che puzzava di diaspora. [Lo storico] Tom Segev ha chiarito molto bene la storia del disprezzo ebraico per "il settimo milione", quelli che erano sopravvissuti.
Non c'è bisogno di dire che la condizione presente di Israele rivela il completo fallimento del sionismo: la trasformazione del popolo giudaico in una società occidentale moderna e civile è totalmente fallita. Gli israeliani non mostrano alcun attaccamento alla terra che hanno vistosamente lacerato con muri da apartheid. Non solo non hanno eretto una società civilizzata, ma è impossibile trovare un altro Stato moderno così corrotto moralmente e razzialmente motivato come lo Stato ebraico. E tuttavia, il sionismo è stato un tentativo di trasformare l'ebreo in un essere dignitoso: un cittadino biondo, atletico e produttivo anzichè uno che preferisce "starsene al buio".

L'alternativa ideologica al sionismo è fornita dai pensatori ebrei di sinistra. In superficie sembra poetica e pacifica, ma in pratica è devastante almeno quanto il sionismo. L'ebreo di sinistra alzerà gli occhi al cielo e dichiararà, arreso, che "è stato Hitler più che Mosé a fare di me un ebreo". Al dunque, è l'”altro”, il”gentile”, a fare dell'ebreo un ebreo. Per quanto ridicolo sembri, subito dopo questo tipo di buoni ebrei diranno che i palestinesi, sì, "hanno diritto all'auto-determinazione". Mi domando ogni volta come mai quegli ebrei di sinistra non sono altrettanto generosi con se stessi: a quanto pare sono riluttanti ad auto-determinarsi. Per l'ebreo di sinistra la seconda guerra mondiale non è mai finita: giorno dopo giorno, egli continua ad essere sconfitto da Hitler e più in generale dal mondo dei “gentili”.
Non è assurdo? In realtà, non esiste un mondo dei “gentili”. Il mondo ”gentile” è un'invenzione esclusivamente ebraica. I “gentili” non identificano se stessi come "non-ebrei", perché ci sono predicati infinitamente più interessanti con cui autodefinirsi. Da qui vediamo chiaramente che il sinistrismo ebraico è una forma dello "stare al buio", un esercizio nella pratica del vittimismo. Come la mamma ebrea della barzelletta, si sono autopromossi vittime. Così dobbiamo ammettere che non è stato Hitler a fare di loro degli ebrei; sono ebrei perché abbracciano con entusiasmo l'identificazione giudaica, preferiscono fare le vittime. Preferiscono non cambiare la lampadina fulminata.
Ma perché questo gli è necessario? Di certo l'ebreo progressista sa che oggigiorno può esprimere le sue posizioni senza lasciare tracce etniche. Viviamo, si dice, in una società multi-culturale. La tua voce sarà ascoltata, si dice, qualunque sia la tua origine etnica, il tuo ambiente religioso, le tue preferenze sessuali o l'appartenenza ad una qualunque categoria sociale.
Ii fatto è che questa volontà di "starsene al buio" è la nuova religione ebraica. E' il raffinato meccanismo ideologico usato per far sentire l'”altro”, il ”gentile” occidentale, sgradito o inferiore in ogni discorso politico sulla Palestina. In pratica, mette al centro della questione palestinese non i palestinesi, ma l'ebreo tollerante, umanista e progressista. Serve come un'armatura morale ed ideologica di Israele. Appena questo ebreo umanitario viene riconosciuto come voce autentica per la Palestina, egli ci informerà che la soluzione di uno Stato unico per due popoli è radicalmente impraticabile. In qualche modo, per loro, la causa ebraica è un pochino più importante che quella palestinese: alla fin fine, solo gli ebrei hanno tanto sofferto.
La strategia del vittimismo è la più nuova e sofisticata forma del segregazionismo suprematista giudaico. Non solo mi circondo di mura, ma faccio anche sì che gli altri si sentano in colpa per il fatto che mi circondo di mura. E a proposito, non so se lo sapete, nel discorso pubblico intra-israeliano sono i palestinesi ad avere la colpa del fatto che gli ebrei elevano il muro dell'apartheid.
Puoi togliere all'ebreo la sua religione, puoi togliergli tutto, e anche mettergli nel piatto dei frutti di mare; ma solo se gli togli il suo vittimismo, l'ebreo non è più un ebreo.
Una volta tolta la colossale minaccia di Hitler, l'ebreo diventa un essere ordinario e noioso. Ve lo assicuro: non avverrà mai.

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23 luglio 2006

L'uomo più furbo del mondo?

(Achtung: qui si parla di questioni abbastanza personali e lo si fa in maniera schietta. Se non volete farvi i fattacci miei o se i vostri occhi hanno la tendenza ad implodere nello scorrere righe che si richiamano allo scottante tema "sesso", non andate avanti nella lettura. Ritornate presto, però: il mio prossimo post sarà di una levità e di un garbo che in confronto San Francesco sembra Califano).


Mi è capitato ultimamente di frequentare una donna. E fin qui, penso che neanche voi ci troviate nulla da ridire. Le cose vanno benone: nonostante venissi da una discreta inattività (che, si sa, rovina le condutture), ho notato che anche la parte sessuale della relazione funziona bene. Anche troppo bene, in determinate condizioni fisiche: credo di essere l'unico maschio al mondo che è arrivato a fingere un orgasmo. E non è mica facile, se siete degli ometti. Ora, mi piacerebbe solo sapere se è normale. Boh, bevo questo succo di frutta e ci penso su.

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22 luglio 2006

Nürnberg, um 04.56

E insomma immaginate due che parlano di stati ed identità, nessuno dei due è propriamente sobrio, entrambi immaginano -più che comprendere- ciò sta dicendo l'altro. Ad un certo punto si apre una finestra e un residente invoca il silenzio e il suo rispetto. Domani (adesso) è sabato, magari lavora. Montiamo in bici ed andiamo a casa. E' la prima volta che disturbo i benpensanti, almeno a questa latitudine. Che figata.

Disclaimer: questo post è stato scritto in Germania. E' soggetto a tutto.

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19 luglio 2006

Un poco di demagogia

Oggi a Milano hanno condannato 18 persone a 4 anni di carcere, per vari reati, tra cui devastazione e saccheggio (nove sono stati assolti. Tutti erano in carcere da 4 mesi). Purtroppo non trovo il testo della sentenza, quindi mi baso su quello che riportano quei comunistacci del Corriere della Sera.

Il pm Piero Basilone basa le sue accuse sul concorso morale: «Sono giovani che hanno assistito alla prima carica, erano di fianco alla barricata accanto a persone armate e travisate. Questa - ha proseguito - è una partecipazione significativa di adesione a ciò che stava accadendo».

Non lo so cos'è una persona travisata, se me lo state chiedendo. Se invece volete il mio commento sulla vicenda, credo che quattro anni siano appropriati. Non avevano mica stuprato un'handicappata (due anni e otto mesi).

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18 luglio 2006

Ci ho pensato

Ammazzarlo così giovane, questo blog, non mi parrebbe carino. Qualcosa mi farò venire in mente, alla fine sono pur sempre un genio (o semigenio, ora non ricordo bene).

Mi è appena venuto in mente Prodi che balla la Lambada con Ahmadinejad. Dev'essere qualcosa che ho mangiato.

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13 luglio 2006

E ora?

Il Mondiale è finito, gli amici se ne vanno. Che facciamo adesso? Trasformiamo questo blog in uno dei tanti che parlano di minchiate personali, tvtb, cani e ontologia del non essere? O rimaniamo fedeli a Gattuso, alla sua luminosa figura di guerriero instancabile, padre esemplare, bell'uomo e calabrese da esportazione? Attendo contributi costruttivi, oppure vi prendo tutti a testate.

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10 luglio 2006

CAMPIONE DEL MONDO! CAMPIONE DEL MONDO! CAMPIONE DEL MONDO! CAMPIONE DEL MONDO!


Lo è. Lui, lo è.













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Scheißfroschfresser

Sono contento. Molto.

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08 luglio 2006

Onoro la forza che muove l'acciaio



Non abbiamo ancora fatto niente, sia chiaro: però oh, è stato un bell'inizio. Vai Gattusino, vai. Ancora un piccolo sforzo.

Doveroso ringraziare Strelnik per l'immagine e il concetto.

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06 luglio 2006

Deutschland über alles

Scena uno: Pirlo mette in mezzo un pallone che Grosso colpisce a occhi chiusi e spedisce nell'angolino come un novello Nilton Santos (d'altronde è provato, o se non lo è io comunque ne sono convinto, che una cosa semplicemente immaginata riesce assai meglio di una troppo dettagliatamente progettata; ma questo magari merita un altro topic, o un altro blog, o un altro -non io). In ogni caso, il commentatore alla TV nel rivedere l'azione dice che l'Italia ora conduce 1-0, e conduce meritatamente ("verdient"). Trovatemi un cazzo di telecronista italiano che in una situazione anche solo vagamente paragonabile abbia l'onestà o il coraggio di inserire l'avverbio "meritatamente" in una frase simile. Questo l'ho apprezzato molto. Ho apprezzato molto anche il fatto che in quei momenti non mi è arrivato nessun cazzotto a coniglio, boccale di birra in testa, sediata, nulla di nulla. Che gran popolo.

Scena due: il castello di Norimberga. Io con un tizio tedesco, guardiamo e ascoltiamo la festa degli italiani dall'alto. Per essere una festa di italiani, anche troppo civile: ma la cosa bella è che passavano in centro in mezzo ai tedeschi, anche a piedi, e nessuno che abbia detto o fatto nulla di volgare o scortese. Questo l'ho apprezzato molto. Ho apprezzato molto anche la bomba d'erba che ha concluso la serata, dentro il castello. Poi a casa, zitto, rincoglionito, felice.

Scena tre: ieri, al baretto mi dicono che la finale non la giocano alle 21 ma alle 20. Faccio una delle mie migliori facce sconvolte e dico che alle otto non posso proprio, che alle otto io devo mangiare i miei spaghetti. Non hanno trovato da ridire su questa indiretta presa in giro. Questo l'ho apprezzato molto. Non ho apprezzato il consiglio che mi hanno dato: guardare il primo tempo, poi andare a casa, mangiare la pasta in 15 minuti e tornare per il secondo. Saranno anche un gran popolo, ma su certe cose sono indietro come le palle del cane.

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05 luglio 2006

Obiettivamente

Non ha giocato bene solo Gattuso, stavolta. Ma:
1)lui di più;
2)lui prima;
3)senza la sua presenza teneramente minacciosa gli altri non avrebbero giocato così bene.
E ora, aspettiamo. D'altronde è fin troppo banale affermare che Gattuso i portogalli se li mangia a colazione. In effetti sospetto che possa mangiare anche la Francia, se adeguatamente motivato.

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04 luglio 2006

Non temerai i terrori della notte

Vai Gattusino, vai.

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03 luglio 2006

Siegen für Bruno

Io già comincio a somatizzare. Mi fa male il pancino (das Bäuchchen), ricevo messaggi vagamente minacciosi da tedeschi normalmente amichevoli, oggi ho avuto anche un mezzo attacco di cacarella. E non è problema da poco, in un posto in cui il bidè non ha diritto di cittadinanza. Ma credo che tutta l'Italia abbia un dovere verso un suo giovane cittadino, abbattuto dall'ignoranza dei contadinotti bavaresi mentre portava al di là delle Alpi la nostra civiltà: Bruno, l'orso sloveno-trentino (ma giuridicamente italiano). Io credo che nessuno meglio del nostro Gattuso possa impugnare la bandiera di Bruno e portarla ringhiando verso la vittoria: per motivi evidenti, di ordine estetico, comportamentale, simpatetico e anche morale. Secondo me, almeno, le cose stanno così.

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02 luglio 2006

Norme statutarie

Scusate, ero a parlare di religione, storia, linguistica ed altro in tedesco. Chissà che avrò detto. Comunque, questo che vado a scrivere ora è una cosa seria: a che serve e cosa si fa su questo assurdo blog.
1)Ovviamente qui si omaggia Gattuso. Non sono ammesse critiche a Gattuso. Si può parlare di altro che non sia Gattuso: ma sempre senza mancare di rispetto all'argomento principe del blog (cioè Gattuso).
2)In linea di massima si deve stare attenti a non valicare quella sottile linea rossa che divide la legittima rimostranza, la critica costruttiva, le proposte indirizzate al miglioramento dell'offerta-blog dalla rottura di coglioni. La prima cosa va più che bene, la seconda si potrebbe anche evitare.
3)Sesso, potere, cinofilia (questo lo scrivo affinché questa pagina figuri su Google nelle ricerche più frequenti).
4)Credo di aver capito male: davvero esistono sulla faccia della terra esseri umani (donne, va bè) così folli da aver perso tempo a digitare -più volte, magari- gattusometro.blogspot.com sperando di veder apparire una pagina web?

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Idee del cazzo

Non è che ci fosse tutto questo bisogno di creare un blog come questo. Però ormai che c'ero.

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